A colloquio con Stefano Calvagna, un fiero cantore della strada e della Settima Arte
IL SENSO D’APPARTENENZA DI UN REGISTA UNDERGROUND
DALLO STILE ASCIUTTO ED EMOZIONANTE
Una conversazione con Massimiliano Serriello
Sono davvero sobri ed essenziali i modi espressivi del regista romano Stefano Calvagna. Le prevenzioni di chi lo accusa di andare sopra le righe, usando le scorciatoie del cervello, senza conoscere nemmeno bene la sua filmografia, non lo lasciano indifferente: è un passionale e ci mette il cuore in tutto quello che fa. Gli piace smentire i detrattori con la vena prolifica ad appannaggio solo ed esclusivamente degli uomini di cinema capaci di unire la perseveranza al desiderio di sfruttare adeguatamente le occasioni fornitegli dall’esperienza.
Calvagna è sempre andato controcorrente. Quando era Pieraccioni a ingrassare il botteghino, banalizzando il lascito di Camerini e Monicelli sul terreno dell’intensa leggerezza della commedia dell’arte, girò un’opera cruda e necessaria: Senza paura. Incentrata sulla banda del taglierino.
PER UN PUGNO DI €URO-DOLLARI
o DI UNA MANCIATA DI DROGA
Mai come in questi ultimi decenni stiamo vivendo sempre più il degrado della nostra civiltà, della nostra comunità umana, dei nostri costumi…. Questi sono i risultati di una “ineducazione di massa”, di un “imbarbarimento umano”, della mancanza di cultura, della caduta dei valori, della cieca sottomissione al consumismo neo-liberista e alle “leggi di mercato” !