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A.N.M. – Associazione Nazionale Magistrati ….nasce un nuovo Partito ?

ANM fonda un partito?  (*1)

 Siamo molto critici sulle ultime attività di ANM che, ribadiamo, è solo un sindacato di (alcuni) magistrati. Siamo critici perché non è tollerabile che un sindacato possa agire come fosse un organo istituzionale. I magistrati hanno come organo istituzionale e previsto dalla Costituzione il CSM e non altro. 
Questo è l’organo definito di autogoverno dei magistrati e, quindi, l’unico organo che può legittimamente interloquire sulle leggi con pareri e consulenze.

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Per il “Si al Referendum” sulla Riforma della Magistratura
Artisti e Professionisti in collegamento con 3 Continenti

A Roma, sulla Terrazza del Reboa Law Firm,
Professionisti ed Artisti in collegamento con Tre Continenti per il Si al referendum

LA SOCIETA’ CIVILE  ha avviato la campagna per il Referendum Confermativo della riforma costituzionale con il l’adesione del “Primo Comitato Nazionale(*1), costituito la scorsa settimana per atto del Notaio Claudio Togna, nonché le diramazioni già formatesi sul territorio nazionale in varie città d’Italia ed all’estero.

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L’AMBASCIATORE GIORGIO MARRAPODI
nuovo Rappresentante Permanente dell’ ITALIA all’ O.N.U.

DA   ANKARA  A NEW YORK , una prestigiosa carriera diplomatica al servizio del nostro Paese  

La notizia di tale nomina – a conferma del “valore della Diplomazia Italiana nel Mondo” (qualora fosse stata ancora necessaria) – è stata riportata, quasi uniformemente, su quasi tutte le Testate e le Agenzie Giornalistiche specializzate in materia ed è apparsa in rete martedì 28 ottobre.

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25 ottobre 2025, Giornata Mondiale della Pasta

25 ottobre, Giornata mondiale della pasta (World Pasta Day): il passato, il presente e il futuro di un’icona italiana.

Un’occasione che va ben oltre il gesto quotidiano di cucinare: è un tributo alla cultura, all’identità e al lavoro di milioni di persone che, da secoli, fanno della pasta non solo un alimento, ma un simbolo di civiltà.


Il passato – Quando la pasta era un gesto sacro

La storia della pasta è, prima di tutto, una storia di umanità e di misura.

Dalla Sicilia araba del XII secolo alle corti rinascimentali, la pasta ha accompagnato l’evoluzione di un popolo che faceva della semplicità un’arte e della lentezza un valore.

Nel dopoguerra, divenne il simbolo dell’Italia che si rialzava, un Paese che trovava nella farina e nell’acqua una metafora della propria rinascita.

Ogni formato raccontava un territorio, un dialetto, un modo di stare insieme. La pasta non era ancora “industria”, ma identità: un gesto sacro ripetuto ogni giorno nelle cucine familiari, dove il tempo era scandito da mani che impastavano e da misure e pesature fatte a occhio.


Il presente – Globalizzazione, mercato e identità

Oggi la pasta è ovunque. Ma l’universalità è stata ed è anche la sua sfida più grande
L’Italia resta il primo produttore e consumatore mondiale: oltre 3,6 milioni di tonnellate prodotte nel 2022 e più di 2,4 milioni esportate.

Un record che conferma la leadership di una filiera ancora straordinaria, ma sempre più sotto pressione.

Il consumo interno resta alto – circa 23 kg a persona – ma la vera partita si gioca sui mercati esteri: Stati Uniti, Giappone e Medio Oriente rappresentano ormai i principali poli di crescita.

Parallelamente, la pasta si trasforma: senza glutine, proteica, integrale, vegana, e in mille varianti “funzionali”.

È l’effetto del tempo: nuovi consumatori, nuove mode alimentari, nuove sensibilità. Ma anche il rischio di una perdita di identità.

Quando tutto diventa “pasta”, nulla è più “italiano”.

Eppure, proprio nella fase più competitiva della globalizzazione, la pasta conserva la sua forza: unisce, rappresenta e comunica un’idea di mondo fondata su equilibrio, libertà e armonia — valori profondamente occidentali.


Le sfide – Difendere la filiera e l’anima del prodotto

La pasta italiana oggi si trova di fronte a tre grandi sfide.

1. La guerra del grano

L’instabilità geopolitica, dalla guerra in Ucraina alle tensioni sui mercati canadesi, ha inciso pesantemente sui costi delle materie prime.

L’Italia resta dipendente dalle importazioni di grano duro, con una quota di autosufficienza inferiore al 70%.

Per quanto i dati diffusi a Foggia nell’ambito dei Durum Days, attesta che la produzione nazionale di grano duro, per l’annata agraria 2024-2025, è stimata in aumento di circa il 20% rispetto al 2024 e del 12% rispetto alla media degli ultimi cinque anni. (CIA
Difendere la pasta significa, prima di tutto, difendere il grano, cioè la materia prima da cui tutto nasce.
L’autonomia nella produzione di grano non è solo una questione agricola, ma di sovranità nazionale. Dipendere dall’estero per il bene primario da cui nasce il pane significa esporsi a vulnerabilità geopolitiche e speculative che minano la stabilità economica e alimentare di un Paese.

Non solo: in Italia, molte sostanze chimiche e pesticidi utilizzati all’estero sono vietati per legge: questo garantisce una qualità intrinseca superiore, più sicura e naturale. È un vantaggio competitivo reale, che rende i prodotti italiani sinonimo di purezza, autenticità e rispetto per la salute. Tutto questo va saputo comunicare e far comprendere che acquistare italiano vuol dire avere cura della propria salute prima ancora che deliziare il palato.

2. I costi di produzione e la competizione globale

Energia, logistica, burocrazia e frammentazione produttiva rendono difficile competere con paesi come Turchia, USA o Canada, dove i costi sono più bassi e le filiere più verticali.

Nel contesto attuale stiamo assistendo a un ritorno al protezionismo, talvolta espresso da dazi apertamente elevati e talvolta “nascosto” tramite normative regolatorie complesse.

Non esser preparati alle leggi del paese destinatario rischia di causare multe devastanti — come hanno sperimentato realtà del settore pasta, colpite da misure antidumping negli USA per mancata cooperazione nei questionari ufficiali.

Serve una preparazione, visione strategica e intraprendenza, che sappiano unire l’artigianalità con l’efficienza, per costruire un modello sostenibile ma competitivo e soprattutto capace di fare utili importanti. 

3. Il rischio di neutralizzazione culturale

La pasta, svuotata di identità, rischia di diventare una semplice “commodity”: un bene primario standardizzato, cioè un prodotto fungibile (intercambiabile) che ha lo stesso valore ovunque venga venduto, indipendentemente da chi lo produce.

In molte catene internazionali è già accaduto: si parla di calorie e proteine, non più di territorio o di civiltà.

Difendere la pasta, oggi, significa difendere la libertà di appartenere a un mondo che riconosce ancora il valore delle sue radici.

Non è solo una battaglia di marketing, ma di cultura economica.


Il futuro – Il Rinascimento della Pasta

Ogni epoca di crisi nasconde un’opportunità.

Nel caso della pasta, il futuro può essere straordinario, a patto di guardarlo con una visione nuova.

1. Il ritorno alla tracciabilità e ai grani identitari

Le tecnologie digitali permettono oggi una trasparenza assoluta di filiera.

Chi esporta verso gli Stati Uniti o l’Australia può raccontare, in tempo reale, la provenienza del grano, il metodo di lavorazione, la filosofia del produttore.

È il modo più diretto per riportare la pasta dentro una dimensione di fiducia e autenticità.

2. I mercati premium e il gusto occidentale

Il mercato americano, in particolare nel segmento gourmet e boutique food, è sempre più attratto da storie autentiche e prodotti di valore.

In Texas, Georgia e Florida stanno nascendo catene di ristoranti e concept store che cercano prodotti “real Italians, real Americans”: qualità, bellezza e radici comuni.

Qui la pasta torna ambasciatrice culturale: ponte fra due civiltà occidentali che si riconoscono.

3. L’innovazione nella tradizione

Non si tratta di scegliere tra “pasta classica” e “pasta moderna”, ma di integrare.

Grani antichi, metodi artigianali, formati rapidi da cuocere, pack sostenibili e design contemporaneo:

il futuro della pasta è nell’armonia tra tecnologia e bellezza, esattamente come la sua ricetta originaria.


Una visione per l’Occidente

In un mondo che corre verso l’omologazione culturale, la pasta rappresenta una forma di resistenza pacifica.

È la prova che la semplicità può generare eccellenza, che la tradizione può convivere con il progresso e che l’identità può sopravvivere al mercato globale.

Difendere la pasta non è solo una questione gastronomica o economica: è una battaglia di civiltà.

Difenderla significa preservare il diritto di ogni popolo occidentale a esprimersi attraverso il proprio cibo, la propria arte e la propria libertà produttiva.

Un piatto di spaghetti, in fondo, è molto più di ciò che sembra: è una dichiarazione di appartenenza.


Conclusione – La pasta come ponte tra memoria e futuro

Finché ci sarà qualcuno che impasta con le mani, misura con gli occhi e cucina con amore, la nostra civiltà non avrà perso sé stessa.

Il 25 ottobre, Giornata mondiale della pasta, non è soltanto un appuntamento simbolico, ma un’occasione per ricordare chi siamo e cosa vogliamo difendere: la libertà di produrre, creare e tramandare bellezza anche attraverso ciò che mangiamo.