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Autore: Massimiliano Serriello

Classe 1975, Romano d'ascendenza Cilentana e Toscana, Giornalista, Saggista, esperto in critica cinematografica e sport

IL TIRO AL PICCIONE DEI FRATELLI D’INNOCENZO

I CORSI E I RICORSI STORICI DEL TIRO AL PICCIONE: I FRATELLI D’INNOCENZO E IL CRITICO DA COMPRARE

Tiro al piccione è un libro bellissimo ma negletto. Scritto da Giose Rimanelli. Ed è divenuto un film altrettanto bello e altrettanto negletto. Diretto da Giuliano Montaldo. Il più bel film sulla Repubblica Sociale Italiana. Insieme alla miniserie televisiva Notti e nebbie. Diretta da Marco Tullio Giordana. Ma al di là dell’eccezione che conferma la regola sia sul piccolo sia sul grande schermo (certi argomenti in Italia sono tabù), i corsi e ricorsi storici del classico tiro al piccione confermano che chi «se la sente calla», come si dice a Roma, maramaldeggia con chi conta poco e niente o con chi in quel momento, per un motivo o per l’altro, non si difende o non può difendersi. Sarà mia premura approfondire l’argomento per la Consul Press

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C’era una volta… Er Brasiliano a Roma Nord

L’UNIVERSITÀ DELLA STRADA DI UN RAGAZZO VENUTO DAL BRASILE

E niente: di dormire non se ne parla. Troppi pensieri in capoccia. Oltre a una borsite alla spalla che di notte bussa più che di giorno. La mia dolce metà invece ronfa. Beata lei. Mo ce provo anch’io. Ma prima di cadere tra le braccia di Morfeo, mica l’ex giocatore dell’Atalanta, la mente e il cuore vanno all’ennesimo amico fraterno che ha coniugato la vita all’imperfetto. Un tipo originale. Come Italo Balbo. Aho, non l’ex centravanti della Magica Roma! Sergio Ceglia detto Er Brasiliano era un fiume in piena. Col gusto dell’iperbole. Io al confronto sembravo uno che aveva fatto il voto del silenzio. Un film muto di Charlie Chaplin. Ma lui stava in fissa col cinema. E anche con me.

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In ricordo di un caratterista con poche pose e tanta umanità: Mario Brega

MARIO BREGA: L’ATTORE TACCIATO D’INSOLENZA NELL’ACCENTO MA AFFEZIONATO AI SEMITONI

Ho voluto intervistare Giulio Base per due ragioni. In primo luogo perché ha girato Poliziotti. Un film bellissimo. Che avrebbe girato Pier Paolo Pasolini se all’Idroscalo di Ostia la scarica rabbiosa della sorte non si fosse messa di mezzo. 
Il poliziotto ipersensibile che si suicida perché il vagabondo tenuto in custodia lo circuisce, il poliziotto duro nella lotta ma leale nell’animo impersonato da Claudio Amendola (nella foto), la città di Torino, dove è nato il cinema, la strada, il suo codice, la musica da discoteca, la canzone Malafemmena di Totò, la reazione all’ingiustizia, lungi dal fare il verso a Il giustiziere della notte, non pagavano dazio alle banalità scintillanti della retorica di maniera. Era un apologo sui reazionari. Che catturò la fantasia e la sensibilità di un intellettuale progressista come Pasolini. 

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A colloquio con Loris Loddi sul doppiaggio, la recitazione e le gerarchie del cuore

UN ATTORE-DOPPIATORE CHE DICE LE COSE COME STANNO

Una conversazione con Massimiliano Serriello

Quando Brad Pitt alias Achille (nella foto) in Troy di Wolfgang Petersen in una sala del Cinema Andromeda, a via Mattia Battistini, vicino Prima Valle, gridò il nome di Ettore molti spettatori capitolini, assai poco coinvolti dallo spettacolo allestito dal classico colosso dai piedi d’argilla, invitarono l’eroe della mitologia greca, soprannominato piè veloce, a usare il citofono. Per tagliare corto. E rispettare, nella finzione di celluloide, la consegna. Insieme al nomen omen

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A colloquio con Giuliano Giacomelli sul fascino del genere horror e gli stimoli del cinema d’autore

L’AMPIA GAMMA D’INPUT CREATIVI ED EMOTIVI D’UN REGISTA UNDERGROUND A TUTTO TONDO

Una conversazione con Massimiliano Serriello

È davvero un regista underground a tutto tondo Giuliano Giacomelli (nella foto): nell’età verde, quando la passione per la fabbrica dei sogni divampava sotto la cenere dell’avventizia sete di sapere ed emozioni forti, ha scoperto dapprincipio l’amato genere horror – con Il mostro della laguna nera (Creature from the Black Lagoon) di Jack Arnold nelle vesti dell’archetipo per antonomasia dei motivi d’inquietudine legati alla fantascienza frammisti ai canonici scenari da brivido – per poi imparare ad apprezzare a trecento sessanta gradi la Settima Arte. Ivi compresi gli Autori con la “A” maiuscola votati all’aura contemplativa. Comunque il primo amore, come si dice, non si scorda mai. 

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È STATA “LA MANO DI DIO”, TRA SOGNI ED ECHI

IL FILM SCELTO PER RAPPRESENTARE L’ITALIA AGLI OSCAR UNISCE I PROSELITI E DIVIDE I CINEFILI

Il cinema unisce dove la politica divide. Questa almeno è l’opinione dei cinefili intenti ad anteporre l’autonomia di giudizio e la sete di cultura – ed ergo di nuove visioni in grado di riflettere il rapporto tra immagine e immaginazione lontano dall’accidia delle idee prese in prestito – alle opinioni di schieramento. Alle discipline di fazione. Agli elogi rivolti al regista eletto ad autore. E quindi a una sorta di demiurgo alternativo in terra agli occhi degli atei. Che non credono nel Dio dei cieli («hai visto mai: se poi esiste?» amava ripetere Alberto Sordi al dotto ma miscredente Vittorio Gassman) ma sono ligi alle ragioni di partito (che non esistono). E aprioristicamente agli autori-registi che la pensano come loro. 

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