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Torta di mele razzista – l’ultima trovata della cancel culture

Adesso tocca anche a lei, alla torta di mele che a detta di alcuni sarebbe il prodotto del “capitalismo di guerra”, che ha “schiavizzato e commesso atti di genocidio”… Grandi reati ha commesso questo povero dolce…

Il politicamente corretto e la cancel culture possono travolgere anche innocue pietanze o dolci, come dimostra il recente furore ideologico scaricatosi contro la povera torta di mele. Quest’ultima, grande classico della tradizione dolciaria anglosassone, soprattutto di quella a stelle e strisce, è stata infatti accusata di “razzismo” dal giornale inglese Guardian, promotore di tante battaglie “civili e progressiste”. A puntare il dito contro il dolce citato è stato, nel dettaglio, un commento pubblicato su quella testata lo scorso primo maggio, rilanciato più e più volte fino a oggi sul web da commentatori ironici e critici. A firmare quel pezzo era stato allora Raj Patel, esperto di cucina e documentarista definitosi in passato come “dominato da forti simpatie anarchiche“.

Nel suo pezzo-invettiva, Patel, di origini indiane nonché titolare sia della cittadinanza britannica sia di quella Usa, ha esordito sostenendo che il tipico dessert statunitense non è nient’altro che “l’espressione del trionfo del colonialismo e della schiavitù” e che le origini della pietanza sono profondamente “intrise di sangue“; gli ingredienti necessari a preparare una torta di mele, sempre a detta dell’autore, sarebbero inoltre il prodotto di secoli di “furti” di terra, di ricchezza e di lavoro. Egli ha così snocciolato i “peccati originali” di diversi ingredienti della torta, inscindibilmente connessi alle tragedie del suprematismo e del colonialismo.

Partendo dalla mela, Patel ha infatti ricostruito le origini della comparsa di tale frutto nel continente americano, associando la diffusione delle coltivazioni di mele all’espansione dei colonizzatori europei ai danni delle terre e delle proprietà dei nativi amerindi. Il radicamento dei meli in America, accusa il giornalista, sarebbe infatti avvenuto, nel XVI secolo, al prezzo di “un vasto genocidio di popolazioni indigene”. In particolare, rimarca Patel, “i colonizzatori inglesi utilizzavano i meli come indicatori di civiltà, vale a dire di proprietà”, piantandone grandi quantità nelle aree appena strappate ai legittimi proprietari nativi proprio per simboleggiare il trionfo della civiltà europea sul tribalismo amerindio. Tale abitudine dei colonizzatori inglesi sarebbe stata recepita e rinvigorita secoli dopo da pionieri Usa come Johnny Appleseed, accusato da Patel di avere “portato questi segni di proprietà colonizzata alle frontiere dell’espansione statunitense, dove i suoi alberi simboleggiavano il fatto che le comunità indigene erano state estirpate”.

La natura razzista della torta di mele deriva, oltre che dai frutti citati, anche da un secondo ingrediente: lo zucchero. Secondo il documentarista indiano, quest’ultimo, presente sulla crosta del dolce incriminato, sarebbe irrimediabilmente legato alla tratta degli schiavi settecentesca; lo zucchero sarebbe appunto giunto negli Usa principalmente grazie al lavoro di schiavi africani impiegati nelle piantagioni dei possedimenti caraibici francesi.

Infine, Patel, nel pezzo apparso sul Guardian, scarica la sua ira antirazzista persino verso la “tovaglia a quadretti” su cui solitamente viene lasciata raffreddare la torta di mele appena sfornata. Alla base della natura “suprematista” di tale tovaglia sarebbe, afferma l’autore, il fatto che la stessia è “di cotone“, ossia un materiale tragicamente collegato all’immagine di assolate piantagioni del sud degli Usa piene di schiavi intenti a lavorare per i loro padroni bianchi. Agli occhi di Patel, la torta di mele, per i suoi ingredienti e la sua preparazione, è di conseguenza un obbrobrioso prodotto del “capitalismo di guerra“, che ha “schiavizzato e commesso atti di genocidio contro milioni di indigeni nel Nord America e milioni di africani”.

Patel ha concluso il suo commento sulla torta di mele presentandolo come strumentale a sensibilizzare la gente intorno al concetto di “giustizia alimentare” e a rendere i consumatori maggiormente coscienti del passato tenebroso celato persino dietro innocui dolciumi: “Giustizia alimentare è un termine comprensibile solo perché le comunità oppresse e sfruttate si sono organizzate per vendicarsi contro le depredazioni operate dal capitalismo statunitense”.

«Italia. Strade russe – Italija. Russkie dorogi»
sostenere la ricerca per la storia culturale tra i due Paesi

Roma, “La Casa Russa” ha ripreso le visite ai centri culturali in presenza sul territorio della Repubblica italiana con un evento dedicato ai giovani, la finale della I edizione del concorso internazionale di istruzione e ricerca «Italia. Strade russe». Il progetto, il primo nel Belpaese, da sempre molto amato dal popolo russo, esplora le eredità di illustri russi nella cultura italiana e sostenere la ricerca per la storia culturale. Il lavoro di ricerca si è svolto tra ottobre 2020 e aprile 2021. La giuria del concorso, composta da grandi nomi internazionali e presieduta dallo storiografo e filosofo Alexej Kara-Murza, ha valutato l’operato di 10 squadre russo-italiane, presentato con un articolo accademico e un video.

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Conferenza Capitale alla Libreria Horafelix

IL SOLSTIZIO DI ROMA
Il Piano Urbano e il Monumentale
Tra Etica ed Estetica

La Conferenza metterà in luce il processo di Modernizzazione che, nel solco della Tradizione, trasformò la Roma Pontificia in Capitale d’Italia.
Attraverso una sequenza di immagini si darà prova del tentativo effettuato, di armonizzare l’elemento funzionale e l’aspetto monumentale, mostrando come la trasformazione materiale andava di pari passo con la formazione morale.
Obiettivo. Individuare la presenza dello Stato Italiano nella nascente Capitale, nella consapevolezza politica che nel Mito di Roma era riposta la Potenza d’Italia.

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Per i “Valori dell’Accoglienza” e della “Pari Dignità Sociale”

L’INTEGRAZIONE DELLE DIFFERENZE, IL RISPETTO DELLE PERSONE
ED IL CONTRASTO VERSO
LE DISCRIMINAZIONI
NON SONO UTOPIE MA OBIETTIVI DA PERSEGUIRE 

una netta presa di posizione da parte di Alice Mignani Vinci*

Pensare che i diritti civili dei soggetti fragili e delle minoranze siano “affar loro” – e non nostro o di tutta la società – è un grande errore; è uno dei passaggi sbagliati che dominano sovente il pensiero collettivo, con abile manipolazione dei media e delle informazioni che ci arrivano.
Noi e Loro. Pensare che la discriminazione verso le persone omosessuali, o verso uomini e donne trans, o il razzismo, siano problemi che non ci riguardano, è fallace convinzione.

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Karōshi – il lavoro che in Giappone uccide

Giorgio Almirante, un Signore della Politica con un forte slancio verso il Futuro

“ALMIRANTE. BIOGRAFIA DI UN FASCISTA

E’ ritornata in libreria, fin dai primi giorni di giugno, una interessante biografia su Giorgio Almirante, a firma di Aldo Grandi ed ora ripubblicata dalle Edizioni DIARKOS. (*1)
Il libro, già in precedenza editato da Sperling e Kupfer nel 2014, era stato recensito sulla Consul Press da Maurizio Bergonzini, un indimenticabile amico e collaboratore di questa nostra Testata (clik su M.B.). 
La nuova edizione del 2021 contiene un inedito inserto fotografico proveniente direttamente dall’archivio di casa Almirante e un’intervista alla figlia Giuliana.

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