Maritozzo Day torna a Roma la giornata dedicata ad uno dei dolci più tipici della capitale
L’iniziativa, organizzata da Tavole Romane, è giunta alla sua terza edizione e quest’anno accanto alla degustazione del panino ripieno propone una raccolta fondi di beneficenza per l’ospedale Fatebenefratelli per sostenere le attività della Breats Unit che ha lo scopo di garantire alle donne affette dal tumore le migliori terapie ed una migliore qualità della vita.
Da quelli classici con la panna, alle rivisitazioni sia dolci che salate, fino alle versioni attente a intolleranze e principi nutrizionali, la lista delle pasticcerie e dei forni partecipanti si allunga sempre più ed è in continuo aggiornamento.

Breve Storia del maritozzo
Le origini sono lontane, infatti già nell’antica Roma esisteva l’abitudine di preparare delle pagnottelle arricchite di miele e frutta secca, l’impasto era composto da farina, burro, uova, miele e sale ed il formato era molto più grande. Nel periodo della Quaresima il maritozzo si ridimensionava; la cottura più lunga gli conferiva un colore più scuro e all’impasto venivano aggiunti uvetta, pinoli e canditi. In questa versione, detta Quaresimale, sopravvissuta fino ai giorni nostri, il dolcetto rappresentava l’unica deroga ammessa al digiuno penitenziale imposto dal momento.
L’origine del nome invece si deve presumibilmente all’usanza, da parte dei futuri mariti, di regalare alle promesse spose proprio un “maritozzo”. Questo accadeva il primo venerdì di marzo, ricorrenza simile a San Valentino. “Maritozzo” diventava dunque un termine ironico e canzonatorio da riferire al futuro marito ed a rimarcare questa associazione, la forma vagamente fallica della pagnotta, così come suggerisce il Belli nel suo sonetto Er padre del li santi (1832).
Gigi Zanazzo, studioso e commediografo, ci ricorda, nella sua opera Tradizioni Romane (1908), che per l’occasione, sul dorso, venivano realizzati decorazioni di zucchero e che all’interno dell’impasto poteva essere collocato un anello o un oggetto d’oro come ulteriore dono.

Sulla nascita del nome volle giocare un altro poeta romano, Adone Finardi che alla dolce specialità dedicò addirittura un poemetto “Li Maritozzi che se fanno la Quaresima a Roma” (1851). Protagonisti il re Mari e il re Tozzi i cui eserciti erano capeggiati rispettivamente dai generali Passerina, Acqua, Forno, Legna e Fiore, e da Zuccaro, Pignolo, Lievito e Zibetto; dopo vari battaglie e scontri, si riappacificarono e in onore dei sovrani e dei loro più validi guerrieri, furono creati i maritozzi.
Secondo un’altra leggenda, erano le ragazze nubili a preparare i maritozzi per distribuirli in piazza. Era questo un modo per attirare i giovani in cerca di moglie che avrebbero scelto l’artefice del più buono.
Fonte: tavoleromane.it
tavoleromane.it attiva dal 2010, è una fonte indipendente di riferimento per gli appassionati di gastronomia dedicata alla Capitale Roma; obiettivo quello di valorizzare e condividere realtà gastronomiche di qualità. Con i fondatori, Gabriele e Silvia, oggi contribuiscono un piccolo gruppo di fidati foodies locali, proponendo in aggiunta Eventi gastronomici e Food Tours per aziende, turisti e persone che vivono a Roma. Co-autori della guida Teglie Romane 2018.
Il nuovo tessuto è “upcycle”, ovvero dona nuova vita e valore a un prodotto dismesso, riducendo al minimo gli scarti, consuma poca energia e produce un impatto minimo sull’ambiente. La piuma utilizzata per Thindown Recycled, certificata GRS (Global Recycled Standard, standard internazionale della piuma riciclata) viene ricavata da piumini e coperte che hanno terminato il loro ciclo di vita. Di provenienza europea la piuma dismessa viene lavata, igienizzata depolverizzata, sterilizzata, rigenerata. Al termine del processo, equivale ad un prodotto nuovo altamente performante. Per produrre questo materiale e le diverse versioni del tessuto non viene utilizzato alcun procedimento, trattamento o processo chimico inquinante: il tessuto viene sterilizzato due volte grazie a un macchinario di alta tecnologia unico al mondo in grado di trasformare le piume in tessuto fermo.

Santa Morte o meglio Santa Muerte, Nuestra Señora de la Santa Muerte, chiamata con vezzeggiativi come Niña Blanca (bimba bianca) o la Flaquita (la magrolina). Una divinità Messicana ancora venerata, per la precisione una rivisitazione dalla dea Azteca Mictecacihuatl con elementi di Santeria, del Palo Mayombe Africano degli Yoruba già modificato dall’originale perché proveniente dai vicini Caraibi e altri elementi pagani degli Aztechi e Mexicas. Immaginata con le sembianze di uno scheletro, da un lato riprende la raffigurazione medievale della madonna con vesti lunghe e dall’altro come la morte nell’ideale europeo munita di falce, come mietitore di anime.