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La vera storia di Robin Hood

Le origini della leggenda di Robin Hood sono particolarmente oscure. I più antichi riferimenti scritti sono solo brevi frammenti. Il primo si trova nel poema “Pietro l’aratore”, scritto nel 1377 dal chierico londinese William Langland, dove un personaggio dice solamente: “Non so bene il Paternoster così come lo canta il prete, ma i versi di Robyn Hood quelli sì, eccome, li conosco”. Davvero poco, ma almeno ci permette di sapere che nel XIV secolo la figura di Robin Hood era già argomento di ballate. In un manoscritto del 1410, conservato nella cattedrale di Lincoln, nell’Est dell’Inghilterra, compare la frase: “Robin Hood in Sherwood stood” (Robin Hood a Sherwood stava), un modo per dire qualcosa di ovvio. Ancora poco, ma anche questo piccolo dettaglio ci permette di sapere che le sue avventure erano ambientate nella foresta di Sherwood. Esistono poi altri riferimenti, sempre molto brevi, che danno l’idea di come, alla fine del Medioevo, la figura di Robin Hood fosse ormai riconosciuta ovunque come sinonimo di bandito gentiluomo. Si tratta in tutto di cinque poemi, o ballate, e del frammento di una commedia. Tuttavia, il primo racconto completo di cui si abbia oggi traccia fu stampato nel 1510 e intitolato “Le gesta di Robin Hood”.

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“L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello”
La complessità della Coscienza

Un commento sul saggio del 1986 di Oliver Sachs – medico, chimico, scrittore, psicologo e accademico britannico – autore del libro “Risvegli”  da cui è stato tratto l’omonimo film. In questo libro vengono esposti una serie di casi/studio di patologie neurodegenenrative.

Oliver Sacks è prima di tutto un medico con un forte senso dell’etica. Dalle storie dei suoi pazienti che ha voluto condividere nel suo scritto, traspare un genuino affetto verso di loro e soprattutto per i rapporti che costruisce con meticolosa pazienza. Attraverso i suoi occhi, quelli di un professionista alle prese con vere e proprie “missioni impossibili”, ci si addentra in un viaggio del tutto inaspettato. Ciò che risalta con brillante evidenza è non solo la complessità della mente, ma in particolare la sua capacità di compensazione nel momento in cui essa debba affrontare un danno che ne pregiudichi l’equilibrio della relazione con il corpo e con le sue percezioni.

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Il sogno della vita artificiale

Da sempre l’uomo ha coltivato il sogno di creare una vita artificiale, una copia di sé stesso dalla quale farsi servire e sulla quale dominare. Questa replica deve essere più dotata, più forte fisicamente o più intelligente degli uomini, in grado di donare all’uomo che ne è stato ideatore e creatore il potere sugli altri uomini. Questo è un sogno sempre esistito e dagli antichi miti alla più recente letteratura se ne trova traccia abbondante. La moderna tecnologia e l’Intelligenza Artificiale sta rendendo questo antico sogno sempre più reale.

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2775° Natale di Roma

IL MITO DI ROMA
LA VIA ITALIANA ALLA MODERNITA’

Il 17 Marzo 1861 si proclamava ufficialmente il Regno d’Italia, con la Legge N. 1 del 21 Aprile, giorno del Natale di Roma, nasceva il Regno d’Italia. Aprile dal latino a-perire, significa aprire, tornare a nuova vita, non morire, e richiama l’immortalità di Roma, la Città Eterna. Inizio ben augurante del processo di Unificazione, che giunse a compimento con la Vittoria della Grande Guerra, celebrata con la composizione da parte del poeta Fausto Salvatori dell’ “Inno a Roma”. L’Inno si ispira al Carmen Saeculare di Orazio, fu musicato dal Maestro Giacomo Puccini, ed eseguito il giorno del Natale di Roma, il 21 Aprile 1919.

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