In Memoria di Pietro Golia
IL SECOLO DEL 1914
Utopie, Guerre e Rivoluzioni nell’Europa del XX Secolo
presentazione del libro di DOMINIQUE VENNER
Sabato 3 febbraio 2018 – h. 17,30 // presso Hotel Napolit’Amo
Via Toledo, 148 – NAPOLI
IL SECOLO DEL 1914
Sabato 3 febbraio 2018 – h. 17,30 // presso Hotel Napolit’Amo
Via Toledo, 148 – NAPOLI
SESSIONE MATTUTINA:
Ore 09,30: Gianfranco de Turris, Segretario della Fondazione Evola, “Le ragioni di un Convegno”
Ore 10,00: Francesco Zambon, “Il nesso Wagner-Catarismo nella riflessione di Evola sul Graal”
Ore 10,30: Nuccio D’Anna, “Chrétien,Wolfram, Evola”
Ore 11,00: Adriano Segatori, “Il Graal come percorso interiore e visione politica”
Ore 11,30: Apertura dibattito # Ore 12,30: Pausa pranzo
SESSIONE POMERIDIANA:
Ore 15,00: Davide Bigalli, “Melchitsedek redivivus: la regalità sacra nella lettura graalica di J.Evola”
Ore 15,30: Alberto Ventura, “Il Graal e l’Oriente”
Ore 16,00: Franco Cardini, “Introduzione al problema/mistero/simbolo del Graal”
Ore 16,30: Apertura dibattito # Ore 17,30: Conclusioni e chiusura dei lavori
E’ gradita la puntualità
Segreteria organizzativa: Salvatore Macrì # Giovanni Sessa
OROINCENTRI è un Circolo Culturale che si riconosce nell’affermazione “La Conoscenza nutre la Coscienza”. Pertanto cerca di offrire ad ogni persona la possibilità di evidenziare e far crescere le qualità che contraddistinguono ogni essere umano, considerando l’arte e lacultura come un mezzo di elevazione.
di
Lunedì 22 gennaio 2018 si svolgerà il dibattito “La selezione politica dal dopoguerra a tangentopoli” e subito dopo verrà presentato “Addio Cencelli”, il nuovo manuale per formare la classe politica scritto da Fabrizio Santori in collaborazione con il giornalista Michele Ruschioni.
L’evento si svolgerà alle ore 17:30 presso la Sala del Refettorio di Palazzo Macuto in via del Seminario 76, Roma.
Abbiamo ricevuto e volentieri pubblichiamo il seguente Comunicato Stampa pervenutoci dalla Redazione di “InfoBoom”, con la quale ci auguriamo poter collaborare continuativamente in sinergia da ora in avanti, nonché con la CNA di Avezzano. Ciò in quanto, già in alcune precedenti occasioni, la nostra redazione ha condiviso con convinzione le proposte e le iniziative della Confeder-Artigianato Nazionale.
È bastata un’occhiata e l’uomo in piedi ad un lato dello stand di un’editrice è stato riconosciuto come Pino Ammendola, attore della Televisione e del Cinema: lui si è limitato a rispondere con un gran sorriso, senza false modestie.
Ma Pino Ammendola, amico di Renzo Arbore ed interprete di vari personaggi per i maggiori registi cinematografici, da Tornatore a Fellini, teatrali, quali ad esempio Lavia, ha in sè una sorta di iceberg, la cima del quale, che si nota, è il sorriso che lascia partecipare anche gli occhi. Al di là della cima, Ammendola è a sua volta regista, autore teatrale, ha compiuto un fiorito cammino dalla Laurea in Giurisprudenza sulla poesia licenziosa dei giuristi settecenteschi della sua città, Napoli, fino a svelare una nuova faccetta del suo carattere: è anche scrittore, di una prosa delicata e variopinta, a metà fra la fiaba ed il quotidiano sovente faticoso e con una vena di umorismo accattivante. Il titolo è già un suggerimento dell’opera: Scarpediem.
Un invito a descrivere la vita com’è, senza ansie di lontani traguardi, ma percorsa su ciò che è logico portare per camminarvi su spediti, le scarpe. Si pensa all’inizio, abbracciando il piccolo formato fra le mani, che sia un gioco, che si tratti di un’elaborazione scherzosa e, perché no, leggera di qualche avventura o storia immaginata, ma non è così. Scarpediem è un breve, ma succoso compendio di come si possa essere ricchi di delicatezza e di sentimenti diretti, senza svenevoli sfumature, e vivere di poco e talvolta di speranza. Scritto da una mano e da una mente stilisticamente encomiabile, intorno ad una miriade di personaggi che si possono incontrare ovunque e, come tutti i migliori, silenziosi, senza autoreferenze, contenti di passare un percorso avendo come fondale Napoli e le sue bellezze, i suoi dintorni.
La lingua usata si punteggia a volte di modi di dire e vocaboli del vernacolo partenopeo, indici di pensieri e concetti semplici che formano una sorta di filosofia secolare, mai alla gloria delle scienze, ma garbatamente realistica. Le scarpe riescono a dimostrare l’unità di una famigliola, l’angoscia di un collezionista particolare che ha quasi del maniaco, sedata dall’intelligenza del detective al quale si rivolge per riottenere il pezzo a lui rubato, che rivela un amore un poco tragico e dolcissimo.
Il libro si legge in tre modi: se si vuole un evasione dai problemi quotidiani, se si vuole assumere informazioni su come possa essere ricca la quotidianità, se si ricerca la vera umanità fuori dai successi, le luci, gli spot, le finzioni.
La serie di racconti si chiude a Capri, fra musiche, mare, giardini principeschi e tanta poesia, un piccolo luogo che si apre infinito nel mitico, o fiabesco, singolare e toccante insieme. Partenopeo verace nel ventaglio dei sentimenti e per la ricerca di un intimismo dorato, Pino Ammendola si serve dello stile letterario corposo per creare un’opera letteraria nel vero senso del termine, che ha apprezzamento ovunque. Ciò che potrebbe apparire un limite, è invece una chiave di diffusione e ci si rammarica se questo suo libro vuol farlo rimanere da solo, se non cura il tempo fuori dalla sua professione per ammaliarci ancora.
Marilù Giannone
Si capisce, siamo in un periodo nel quale l’indigenza avanza, ed attori, presentatori, uomini e donne minimi di spettacolo devono come gli altri fare le capriole per ottenere un bocconcino di lavoro. Ma questo non giustifica la perdita di dignità del ridursi a tappetino per tentare di farsi ancora notare, come è avvenuto, recentemente, per un “coso” che ha chiamato Claretta Petacci la troia che gira libera nella Capitale, per i degradi degli ineffabili Cinquestelle. (Inutile dire che sono stati i precedenti. E’ così? Bene. Ma spetta a voi porre rimedio)
A parte il fatto che “comico” in questa contingenza ha ascendenza linguistica come buffone da “comi”, vale a dire di orgia, nemmeno “cena elegante”, si è reso conto, il misero omarino, che (per evitare conseguenze) ha insultato una donna assassinata, che non si era mai interessata di politica ed era, semmai, solo una donna innamorata? Forse il poveretto non sa cosa vuol dire nemmeno innamorarsi e la frase sparata acidamente gli ricade addosso come una pioggia di commiserazione, è l’emblema degli stracci morali nei quali è caduto, come direbbe lo stesso, “il Paese”. Oppure il cosino aveva in mente non l’ascendenza linguistica, ma i suoi ascendenti e collegati, che gli hanno dato l’emblematico cognome, per lo meno a Roma. Decisamente, potrebbe aver voluto adeguarsi alla moda preelettorale, ed allora lo si può chiamare Gender Gnocca. Forse, se si guarda allo specchio, avrebbe senz’altro questa idea.
Insultare un defunto, maschio o femmina (e qui mi meraviglio del silenzio più volte rotto in proposito dalla ex Presidente della Camera) è assolutamente schifoso. Ma non chiederà scusa, perchè è solo un poveraccio che a malapena fa sorridere, che non è altro che “ronzio di un’ape dentro un bugno vuoto”.
Marilù Giannone