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L’onore e la dignità innanzitutto

Sembra che le tre figure politiche di governo più rilevanti in Italia vogliano interpretare la trilogia di Pirandello del “gioco delle parti”, o “questa sera si recita a soggetto”, o “ciascuno a suo modo”.

Nella prima opera i nostri sono un marito che fa discorsi di una logica stringente, una moglie in preda a smanie desiderosa dell’uxoricidio ed un amante succube dei primi due; nella seconda commedia i protagonisti reclamano piena libertà di interpretazione del proprio ruolo, per mettere in luce di fronte agli spettatori (il popolo) l’originalità e il proprio talento agendo in modo difforme dal copione (cioè dagli obblighi politici assunti prima delle elezioni); nella terza commedia è palese nei tre personaggi la contraddizione tra le proprie azioni e le motivazioni interiori cioè uno sdoppiamento della personalità di ciascuno al limite del tragicomico.

Recentemente un serial televisivo “onore e rispetto” ha tenuto incollati al video alcuni milioni di telespettatori, gli stessi che si domandano che fine abbiano fatto nella politica italiana l’onore e la dignità.

Per un uomo che ha una alta responsabilità di Stato, comportarsi in modo onorevole vuol dire agire entro binari precisi che non consentono deragliamenti, mentre avere dignità significa che lo stesso uomo politico deve essere conscio del proprio valore e dei propri limiti, che i principi che sono alla base del rispetto per sé e per gli altri non sono negoziabili, che l’offesa all’onore non può essere ingoiata come un’amara, necessaria, medicina.

L’onore è la virtù tipica della persona che non manca alla parola data, che per la sua difesa immola ciò che gli è più caro non esitando a rinunciare a qualsiasi privilegio o lusinga.

Un esempio ci fu fornito, cinque secoli fa, da Francesco I di Valois, re di Francia, che dopo la disfatta di Pavia, inflittagli nel 1525 da Carlo V che lo fece prigioniero, scrisse alla madre Luisa di Savoia “Tout est perdu fors l’honneur” (tutto è perduto fuorché l’onore).  

E allora vediamo da vicino questi nostri politici che ogni giorno manifestano apertamente le loro diversità di obiettivi (che si parli di autonomia o di alleanze internazionali, di flat tax o di salario minimo, di legge di bilancio o di decreto sicurezza, di Tav o di Tap, di Ilva o di Alitalia ecc.) con accuse reciproche e ripicche velenose. Ogni giorno sembra l’ultimo di vita del Governo ed invece, a sera, tutti si rimangiano quanto detto al mattino o viceversa, salvo ricominciare la manfrina l’indomani senza che nessuno dei commedianti abbia un sussulto di dignità per dire la parola “basta”.

Come noto il Presidente della Repubblica, garante della costituzione e dell’unità nazionale, non può fare scelte politiche che invece sono terreno esclusivo del Governo e del Parlamento. Può solamente svolgere una “moral suasion” con l’invito  alle forze politiche a non smarrire il senso delle istituzioni, ad abbandonare la conflittualità permanente da campagna elettorale, per favorire un’atmosfera di collaborazione volta al bene della nazione in adempimento del giuramento la cui formula (Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell’interesse esclusivo della Nazione.) impegna  alla disciplina e all’onore (articolo 54 della Costituzione).  

Invece i nostri non esitano a tradire principi e Costituzione dimentichi della disciplina e dell’onore, narcotizzando un’opinione pubblica che ormai in stato abulico accetta di tutto nonostante i moniti delle nazioni democratiche a svegliarci.

 

Salvini

Il Vice Premier e Ministro dell’interno Salvini, tutto chiacchiere e distintivo, è il tipo che ripete, come un disco rotto, le stesse frasi ad effetto, che non elevano di un millimetro la qualità della vita, del welfare, della situazione economica, ma che hanno presa sul popolo stanco e deluso per la permanente assenza di crescita, indotto a manifestazioni estreme di odio.

Il mantra è la sicurezza contro gli immigrati, la lotta all’Europa, l’introduzione della flat tax (cioè tassa piatta impossibile secondo la nostra Costituzione) parole condite da rimbrotti e insulti al Primo Ministro, al Governo di cui fa parte, e al suo socio di contratto Di Maio.

Quale affidamento si può dare a chi si comporta come un clown che cambia felpa e divisa ad ogni occasione e usa la strategia della bugia come strumento di distrazione di massa?

Come si fa a dare fiducia a chi dopo aver sfidato Procura e opinione pubblica invocando il processo, ha preferito nascondersi dietro l’immunità sul caso Diciotti, grazie alla mancanza di dignità dei suoi partner?

Come si può credere alla correttezza amministrativa di un leader che non si è  costituito parte civile contro Bossi e Maroni per i 49 milioni di euro mancanti alla cassa del partito?

Quale coerenza è quella di aver marciato contro il Tav con tanto di selfie che lo immortala con la t shirt “No Tav” e poi sentirlo blaterare che il Tav (progettato più di 20 anni fa e che non sarà comunque pronto prima di altri 10) è il futuro del paese?

Come ci si può fidare di chi ha imbarcato nel Governo personaggi discutibili come Siri e Rixi e si trincera ipocritamente dietro la presunzione di innocenza?

Quale fiducia si può riporre in chi, pur di comandare il Paese ed utilizzare la polizia di Stato come guardia del corpo personale, indulge a manifestazioni di idolatria sfruttando il comizio per baciare il crocifisso e affidare (con quale autorità?) 60 milioni di italiani al “cuore immacolato di Maria”?

Possibile che il popolo non abbia un moto di sdegno per aver assistito alle plateali bugie, smentite da foto, filmati, audio e documenti diplomatici ufficiali sul rapporto strettissimo tra Salvini e  Savoini ripetutamente negato?

E’ accettabile che un ministro, per giunta vice presidente del Consiglio, in preda ad un delirio di onnipotenza, dichiari alla stampa ed alla televisione che delle dichiarazioni del Capo del Governo gli importa meno di zero?

Questa, oltreché infrazione delle norme del dovere istituzionale e del bon ton, è una manifestazione di infantilismo acuto e di pura incoscienza, altamente pericolosa per la democrazia. In ogni altro paese del mondo (basta varcare il Brennero per averne una conferma), una dichiarazione del genere porta subito alle dimissioni, e invece da noi niente, come se ci fosse stato uno scambio di affettuosità.

Infine lo scandalo soprannominato “Russia gate”. Al di là della ingenua, balorda e oscura trattativa di acquisto di greggio con sovrapprezzo, è stato gestito arrecando un danno certo alla riservatezza ed alla sicurezza nazionale per aver ammesso ai negoziati politici, proprio sul tema sicurezza, un Savoini qualunque, privo di ogni incarico istituzionale e di nulla osta Nato.

Con un ministro come Salvini che dichiara e rinnega, che fonda la sua retorica con strappi continui con l’Europa, nonostante i suoi goffi tentativi di ingraziarsi ora l’uno ora l’altro dei grandi della terra, finendo per scontentarli entrambi, l’Italia ha perso credibilità e rilevanza per finire nell’isolamento internazionale.

Di Maio

Il M5S, movimento chiaramente democratico seppur anti sistema per cambiare l’Italia, dal marzo 2018 quando aveva raccolto il 34% del consenso elettorale, si è adagiato sugli allori, si è piano piano integrato nel palazzo, ha commesso atti di ingenuità pazzesca. Le lotte sugli alti stipendi e sui vitalizi, la riduzione delle pensioni d’oro, l’annuncio “abbiamo abolito la povertà”, il varo dei “navigator”, la riforma costituzionale per la riduzione dei parlamentari, l’abolizione del canone Rai sono cose giustissime, ma ininfluenti per allargare il consenso, come dimostrato dalle elezioni europee. Il popolo si aspetta di stare meglio e non si accontenta di questi trofei simbolici.

Ogni partito ha il suo roccioso zoccolo duro di tifosi che lo votano a prescindere, ma gli altri elettori dopo un primo atto di fiducia al buio iniziano a contestare chi ritengono abbia tradito i principi tanto sbandierati prima delle elezioni.

In un anno pur di stare al Governo, Di Maio ha accettato ogni inciucio e umiliazione. Calpestando la dignità di tanti milioni di elettori,  ha ceduto ogni potere e iniziativa a quel cafone di Salvini che ogni giorno lo svillaneggia con pesanti ironie, che deride il Presidente del Consiglio Conte ed altri ministri del M5S.

La perdita di dignità dopo questi continui schiaffi è stata certificata dalla copertura e dalla protezione datagli gratis nell’incredibile caso della nave Diciotti. E’ stato quello il momento decisivo, il crinale dal quale è iniziata un’inesorabile caduta che ha comportato il ripiegamento delle bandiere fatte garrire in campagna elettorale sul Tap, sul Tav, sulla sanità, sull’acqua pubblica, sull’autonomia differenziata, sul reddito di cittadinanza, sull’articolo 18.

Di Maio teme il ritorno alle urne che lo indebolirebbe ancora di più visto il trend di prosciugamento del suo bacino elettorale e anziché avvalersi allo stremo della sua imponente maggioranza di deputati, peggiora la situazione consegnando il proprio patrimonio di valori al contraente del patto di Governo. Questi sa di uscire vincitore da nuove elezioni e nell’attesa dello scontro finale lo stringe sempre di più all’angolo senza remore nello sfoderare menzogne a ripetizione (Savoini chi? Che ci faceva al tavolo? Chi lo ha invitato?).

In questa partita a sangue Di Maio vuol difendere a tutti costi il sud ed il salario minimo, mentre Salvini pur essendo fortemente contrario non rompe platealmente il patto perché teme di inimicarsi il Sud, ove ha reclutato il peggio di Forza Italia.

 

Conte

Il presidente del Consiglio Conte pur godendo di un alto indice di gradimento da parte della popolazione, secondo le rilevazioni dei più importanti sondaggisti, ha peccato di mancanza di dignità.

Si è fatto scavalcare da Salvini in numerose occasioni senza essere riuscito od aver tentato di metterlo in riga utilizzando le sue prerogative istituzionali. La convocazione dei sindacati al Viminale, le forzature sui porti chiusi, i viaggi ufficiali all’estero senza il suo permesso quale responsabile della politica nazionale soprattutto in materia di politica estera e di sicurezza, gli annunci sulla finanziaria e sulle autonomie, le ripetute diserzioni dal Consiglio dei Ministri con scuse meschine sono state altrettante offese all’onore ed alla dignità del primo Ministro.

Conte non ha nemmeno raccolto il guanto di sfida di Salvini consistente nel rifiutargli l’informativa scritta sul caso “Russia”, nella insolenza di non presentarsi in Senato e nella dichiarazione pubblica che le dichiarazioni del Presidente del Consiglio gli interessavano meno di zero.

Al di là di ogni appartenenza o simpatia politica, la situazione ha da settimane superato il punto di non ritorno a un minimo di convivenza e di lavoro di squadra per il bene del Paese. Le forze di Governo hanno perso per strada le motivazioni e gli obiettivi dell’accordo di programma. E’ arrivato il momento di dimostrare di essere consci della situazione e di avere l’onestà di dichiarare che il famoso contratto di Governo non è più attuabile.

Arrivati a questo punto, il presidente del Consiglio che aveva garantito alla Merkel che ad una sua parola Salvini e Di Maio si sarebbero acquietati silenziosi, che non ha smontato pubblicamente le tre parole d’ordine fittizie del suo verboso vice, sicurezza contro l’immigrazione, flat tax, no Europa, avrebbe già dovuto, con uno scatto di dignità, rimettere decorosamente il suo mandato nelle mani del Presidente della Repubblica.

C’è una poesia di Ungaretti, quasi un aforisma, che assimila i soldati in trincea sotto il fuoco nemico alle foglie morte di un albero d’autunno, pronte a cadere da un momento all’altro al minimo soffio di vento.

C’è da augurarsi che la probabile caduta del Governo non sia dovuta al caso di un soffio di vento, ma ad un estremo atto di dignità.

 

 

 

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