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Conversando con il Prof. Valerio Malvezzi su Economia ed Etica, su Banche e Finanza

LA VERVE E LA CHIAREZZA DEL PROF. MALVEZZI: UN ESPERTO DI FINANZA CHE CE LA METTE TUTTA ..

in una conversazione con Massimiliano Serriello

Ce la mette davvero tutta, Valerio Malvezzi. Sa colpire – come disse una volta un Padre assai saggio – alla mente, al cuore e allo stomaco. D’altronde è un uomo viscerale, di eclettica cultura, che, oltre al concetto applicativo di economia umanistica, ama i classici, senza però mai montare in cattedra. Lascia che vi si issino per pontificare i cialtroni, i falsi eruditi, troppo condizionati da pressioni ambientali e schieramenti ideologici per dire come stanno le cose. Per lui, che svolge con scrupolo ed entusiasmo il ruolo di professore di comunicazione finanziaria all’Università di Pavia, le pose, le patacche levantine, i finti crediti e le finte riverenze rappresentano delle bestie nere. Delle perdite di tempo. Quel tempo che Valerio dedica, anima e corpo, alla professione, stemperando i segni di apprezzamento ricevuti nell’ironia, frutto delle sane origini bucoliche, per dare il massimo supporto possibile anche nelle vesti, assai impegnative, di consulente di azienda. Abituato ad anteporre agli accenti dell’oracolo quelli di una persona schietta, a cui talvolta piace posare a burbero, che sa fare anche del linguaggio colorito un valore aggiunto al senso pratico dei progetti, ritenuti sbagliati in partenza, giunti invece in porto.

1)/D – Malvezzi, il giorno della Festa della Donna, all’Istituto Sant’Orsola, a Roma, nella tavola rotonda sull’Europa (“Quale è desiderabile e quale è possibile”) hai detto, ti cito testualmente, “preferisco avere più merda di vacca nei campi piuttosto ché tanti pezzi di merda nel mercato finanziario”. La forza trascinante insita nella capacità di parlar chiaro, senza fronzoli od orpelli, merita un supplemento di applausi. Però il dubbio interpretativo resta. Chi è l’imputato?
// R – L’imputato è il pensiero unico neoliberista che nell’arco degli ultimi quarant’anni è divenuto l’unico  riferimento a livello mondiale e praticamente l’unica voce che si sente nel versante nazionale. Questo modello predatorio fa credere che si possa vivere al di sopra dei propri mezzi. La moltiplicazione dei pani e dei pesci è riuscita solo a un Uomo nella Storia. Hanno messo invece in piedi una finzione scenica che sta facendo girare per l’intero pianeta dei pezzi di carta che non hanno alcuna attinenza col valore reale delle cose. Questo ha comportato l’arricchimento di chi fa circolare i pezzi di carta e un grave impoverimento della gente comune. Quindi i pezzi di carta sono stati prodotti dai pezzi di merda a discapito di sane aziende agricole.

2)/ D – Non fa una piega. Passando ad altro, con la tua attività di consulenza finanziaria “Win the Bank” come puoi aiutare i piccoli imprenditori e le medie imprese? Intendo quei professionisti che sanno presentare un progetto plausibile con tanto di business plan, ma sono molto sfiduciati e pensano di non ottenere la liquidità sperata.
// R – 
È evidente che questa seconda domanda mi pone un problema di conflitto d’interesse. Alla prima ho risposto come studioso dell’economia. Adesso devo rispondere come consulente aziendale. Io spiego agli imprenditori che da una parte c’è il mondo come dovrebbe essere e dall’altra come effettivamente è. Molte persone mi domandano il motivo per cui critico spesso il sistema della concessione del credito e poi insegno a lavorare con le banche.

3)/ D – Perché viviamo nella realtà.
// R – 
Ecco, bravo! Questa è la risposta. Oggi ho cercato di spiegare anche ai miei studenti che le banche servono a finanziare lo sfasamento temporaneo fra incassi e pagamenti. Al proprietario di un’azienda artigianale non vado a parlare di questioni macroeconomiche o dei problemi geopolitici. Che glie ne frega? La finanza è una cosa semplice. Basta volerlo, sottolineo volerlo, spiegare in modo semplice.

4)/ D –  Chi fa informazione con un minimo di onestà (ed è –  per chi non ne ha – più la marcia indietro dei fifoni ché la marcia in avanti di chi conserva la giusta autonomia di giudizio senza tirare in ballo appelli deontologici) può dare una mano in un contesto dove imperano le disparità di ricchezza?
// R – 
Premetto che mi hai fatto una domanda con una parentesi alla Marzullo.

5)/ D – Vado a braccio, Malvezzi.
// R – 
Ma va bene. Anch’io vado a braccio, Massimiliano. Non affermo certo questo per piaggeria, non ho bisogno di te, ma quello che ci può salvare è la corretta informazione di chi fa il tuo mestiere. Più di quelli che svolgono la mia professione. L’elemento di salvezza è riposto nel ruolo di divulgatore in grado, anche senza essere uno specialista, di tradurre un linguaggio tecnico in uno comprensibile ai comuni mortali. In questo Paese non è possibile parlare di riserva frazionaria, che poi è quella che prima ho chiamato moltiplicazione dei pani e dei pesci. Per creare moneta in realtà è sufficiente premere un bottone. Quindi occorre informare e semplificare. Ma se l’informazione non ha l’autonomia e la schiettezza degli opinionisti come puoi essere tu, che parli anche se non soprattutto di cinema e cultura, il messaggio non passa. Fuori dal sottobosco, nei grandi giornali gli altri tuoi colleghi scrivono quello che vuole chi li paga. Basterebbe avere un po’ di coraggio, certo, come hai detto te. In maniera naturale. Ma c’era anche un tale che scrisse che il coraggio se uno non lo ha, non se lo può dare. Noi dovremmo avere un sistema economico in grado di non metterci in queste condizioni. Accedere alla verità sarebbe così una cosa normale.

6)/ D –  Indro Montanelli, per parlare di un giornalista a caccia di verità, disse che uno Stato come il nostro è come Polifemo. Con una vista d’aquila per i crediti e cieco con i debiti. Siamo destinati a restare il Paese dei ritardi degli autobus che si calcolano ad ore, con buona pace di chi deve andare al lavoro in tempo, inclusa mia moglie Carina, o l’ipotesi di un fisco che restituisca le somme mal riscosse non è poi così remota?
// R – 
Stiamo parlando di una favola. E ti spiego perché. È chiaro che il fisco dovrebbe restituire le somme indebitamente riscosse. Noi abbiamo degli imprenditori che ogni anno si suicidano in quanto la banca gli ha sottratto il capannone anche se dovevano riscuotere soldi dallo Stato. Queste sono vittime di Stato. Non esistono piazze con il monumento dell’Imprenditore Ignoto. Però esiste la tomba del Milite Ignoto a Piazza Venezia. Propongo che chiunque voglia diventare un dirigente della pubblica amministrazione o ambisca a intraprendere la carriera politica sia prima sottoposto a un anno di servizio imprenditoriale obbligatorio.

7)/ D – Neanche tu sei nato a Nazareth. Però, lo sostengo senza piaggeria anch’io, se la tua allergia ai paroloni e la virtù di andare dritto al punto creassero dei proseliti le cose migliorerebbero. 
// R – 
Sai, io sono un pigro fondamentalmente. Quindi se sfrondo i paroloni tecnici, la densità lessicale fine a sé stessa, le chiacchiere inutili, la “fuffa”, risparmio le energie, carico meglio le batterie e al punto ci arrivo prima.

8)/ D – A ogni vero italiano le promesse disattese a Bruxelles hanno stufato. Stessa cosa per lo spread usato come confronto con la Germania, come se loro fossero i primi della classe.
// R – 
Arriva alla domanda.

9)/ D –  Quanto ancora si deve trascinare questa situazione d’impasse con l’Europa? 
// R –
Ho scritto un articolo tempo fa, citando a modo mio un Gigante della Storia, per porre questa domanda: fino a che punto abuserai Europa della pazienza nostra? Non c’è nessuna Europa per noi al momento né nulla da negoziare. Ribadisco. In Olanda, che hai citato come ipotetica best practice per il fisco, ci sono banche che hanno investito in Grecia e quando l’economia è crollata ed è subentrata la fame le hanno chiuso i rubinetti. Lo spread è la lunghezza della catena con cui i cani sono tenuti a bada. E noi saremmo i cani!? È meglio ed  è soprattutto più giusto essere nazionalisti. 

10)/ D – Ho avuto modo in passato alla Link Campus University di Roma di tenere lezioni incentrate sul marketing cinematografico. L’eco multidisciplinare, per così dire, del marketing, che tanto ti anima, affinché filosofia ed economia non appaiano più come acqua e olio, va di pari passo con i tratti distintivi del rapporto docente/discente?
// R – 
La mia logica di economia umanistica è appunto una logica multidisciplinare che rifiuta di restare ancorata, mani e piedi, a un sapere unico. E chiama quindi a confronto sociologi e filosofi. Per spostare una ricchezza da una parte all’altra serve l’unione di più sinergie culturali ed economiche. Per quanto concerne l’insegnamento, io quando studio imparo. Non si finisce mai d’imparare. Quando insegno, mi rapporto con dei giovani. Gli adulti qualche volta credono di sapere, i ragazzi no. È importante per chi vuole far circolare la ricchezza trasferire adeguatamente anche il sapere.