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Sea Watch. La vera sconfitta è la Giustizia

Carola libera, Carola in prigione.

Roma – “Credo che la vita umana va salvata in qualsiasi maniera”, ha sottolineato il cardinale Parolin, segretario di Stato vaticano, rispondendo ai giornalisti sull’esito della vicenda della nave Sea Watch, della sua comandante e dei 40 migranti. “Quindi quella deve essere la stella polare che ci guida, poi tutto il resto è secondario”, ha spiegato il Segretario di Stato della Santa Sede. Questa posizione sta emergendo e sta diventando con molta forza e nettezza il messaggio positivo contro coloro che invece invocano l’osservanza della legalità da parte di Carola, dopo che per 17 giorni non si è fatto nulla. La legge dell’umanità contro una legge disumana e violenta, quella del decreto sicurezza bis, questo è ormai lo scontro di civiltà in atto. E qui non ci sono tifoserie sugli spalti, ma finalmente un profondo interrogarsi su cosa stia diventando questo Paese se segue le parole intrise di inciviltà e di barbarie di qualche ministro. In questo scontro di civiltà è purtroppo rimasta schiacciata la Giustizia, quella per la quale dovrebbero lavorare i magistrati di Agrigento, per troppo tempo tentennanti, intimiditi, in una giostra di pilatesche decisioni. Se si fosse seguita la massima del cardinal Parolin, e di coloro che in nome dell’umanità hanno stabilito un nesso profondo tra la capitana Carola e Antigone, lo straordinario personaggio creato da Sofocle, 2500 anni fa, molto probabilmente l’esito sarebbe stato diverso. E invece no, si è ceduto allo show mediatico, alla necessità di far vedere al mondo una donna coraggiosa in manette e in favore di telecamera, simbolo di una vittoria politica della destra più becera e sanguinaria, esibita, gridata, ma in effetti non ottenuta. Perché in questa vicenda ha vinto proprio lei, Carola, ha vinto il principio nonviolento della reazione contro le leggi ingiuste che pure porterà a sacrificare parte della propria vita e della propria incolumità. Chiunque, nella storia anche recente, ha voluto vincere battaglie di civiltà in modo nonviolento, ha subìto l’onda dell’oltraggio pubblico, da Cristo a Mandela agli eroi italiani, quegli obiettori che negli anni Settanta si sono battuti contro la leva obbligatoria. Un giorno del futuro, questa storia sarà raccontata diversamente, perché qualcosa è cambiato, qui in Italia, e là in Europa.

Intanto a quanto si è saputo, la capitana Carola è ospite di un’amica sull’isola di Lampedusa. Si sta cercando di non dare indicazioni precise su dove si trovi nel timore di attacchi contro la sua persona dopo che un gruppo di lampedusani, guidati dall’ex vicesindaco dell’isola Angela Maraventano, l’ha insultata, minacciata, derisa mentre applausi provenivano dai sostenitori della Sea Watch. “Carola è stanca e stressata”, fanno sapere i suoi legali Leonardo Marino e Salvatore Tesoriero i quali considerano “una follia” l’accoglienza “in assetto da guerra” della Sea Watch3 nell’isola siciliana. Per il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio invece “le ragioni umanitarie non possono giustificare atti di inammissibile violenza nei confronti di chi lavora in mare per la sicurezza di tutti”. In attesa di un eventuale processo alla Rackete (smentito quello per direttissima di cui alcuni media avevano parlato), le Fiamme Gialle hanno elevato una sanzione amministrativa di 16mila euro ciascuno al comandante, all’armatore e al proprietario della nave che batte bandiera olandese. La nave è stata intanto affidata al vicecomandante e si dirigerà presto verso il porto di Licata dopo che stamattina la sua presenza ha provocato un ritardo di 45 minuto nel decollo di un aereo da Lampedusa a Palermo a causa dell’altezza del suo albero. “Ora tutto è nelle mani della Procura e sarà la Procura a fare le sue valutazione – riflette il sindaco di Lampedusa Totò Martello – Resta l’amaro in bocca perché, finito il ragionamento sulla Sea Watch, resta il problema degli sbarchi e sarebbe opportuno un tavolo europeo per capire il comportamento da tenere su questo fenomeno”.

Per Carola è attesa entro martedì la convalida dell’arresto da parte del gip. La Sea Watch si sposterà in provincia di Agrigento. “La nostra Comandante non ha rilasciato nessuna intervista. Quelle pubblicate oggi sono libere interpretazioni dei fatti” precisa la Sea Watch su twitter. “Carola è la donna più coraggiosa che abbia mai conosciuto, siamo tutti orgogliosi di lei”. Oscar, studente berlinese di 26 anni da due anni a bordo della Sea Watch, è uno dei venti tra uomini e donne dell’equipaggio della nave della ong tedesca che da ieri non ha più un comandante. Ma nessuno di loro pensa minimamente che Carola Rackete abbia sbagliato a decidere di forzare il blocco. A bordo sono tutti con lei, la “capitana coraggiosa”. Oscar racconta quando, attorno a mezzanotte, la comandante gli ha spiegato cosa stesse per accadere. “Gli ospiti a bordo, ci ha detto, non possono continuare a stare in queste condizioni, la situazione ci sta sfuggendo di mano”. Ma l’equipaggio ribadisce anche che non c’era alcuna volontà da parte di Carola di colpire la motovedetta. “Non volevamo assolutamente fare del male ai finanzieri. La loro imbarcazione all’improvviso si è messa tra noi e la banchina per impedire l’attracco. Posso dire al 100% – dice convinto Oscar – che Carola non avrebbe mai messo in pericolo la vita dei finanzieri”. A bordo sono invece rimasti “shoccati” dagli insulti partiti dal molo di Lampedusa. “Non ci aspettavamo quelle reazioni scomposte, non capivamo cosa dicessero ma avevamo capito che erano insulti. E’ stato terribile”. Insomma, non c’è stato alcuno speronamento ma una manovra fatta in condizione di estrema difficoltà, senza alcuna volontà di uccidere. Una manovra nella quale ci si è avvicinato forse un po’ troppo alla barca della Gdf ma non c’è stato alcun contatto o volontà di speronare la nave, ha poi confermato l’avvocato Salvatore Tesoriero, legale di Carola Rackete, incontrando i giornalisti a Lampedusa.

Il durissimo editoriale di Avvenire contro i “guardiani della legge costretti non a difendere i più deboli ma se stessi”

Scrive Marco Tarquinio, direttore del quotidiano dei vescovi Avvenire, “Povero è il Paese dove naufraghi senz’altro bagaglio che la propria pelle sono dichiarati nemici e chi li salva è trattato da fuorilegge e da fuorilegge si ritrova ad agire. Povero è il Paese dove i guardiani della legge sono costretti non a difendere i più deboli ma a difendere se stessi da un rischio grave e diventano scudo dei più forti. Povero è il Paese dove legge fa a pugni con la Legge, e il diritto si converte nel rovescio della morale. E poveri siamo noi. Come siamo potuti arrivare sin qui? E come possiamo rassegnarci?”. L’editoriale sul caso Sea Watch ha per titolo “Se soccorrere diventa reato. Il codice capovolto dei valori”. E così prosegue. “Povera Italia, povera Europa, povera legalità e povera la nostra anima”, afferma il giornale dei vescovi. “Non c’è ragione e non ci sono ragioni che spieghino e comprendano ciò che nella notte del 29 giugno 2019, notte dei santi Pietro e Paolo, è potuto accadere nel porto di quell’isola immersa nel Mediterraneo e che un po’ tutti negli anni – grazie alla generosità della sua gente e alla salda testimonianza della sua Chiesa – abbiamo imparato ad ammirare, amare e a chiamare ‘speranza’”. “Non c’è ragione e non ci sono ragioni che aiutino a capire perché una nave con a bordo 40 naufraghi abbia dovuto rischiare la collisione con la nave militare di una nazione come la nostra, che grazie alla sua civiltà – e ai valori che ha scolpito in Costituzione e nei Trattati e nelle Convenzioni che ha firmato e, prima ancora, ha contribuito a scrivere – ha saputo affermare e condividere con gran parte del mondo quei princìpi umanitari che dovrebbero dare luce e profondità alle regole immaginate per rendere il mondo stesso un posto sempre più accogliente e giusto per gli esseri umani. Soprattutto per i più poveri e i più deboli”, sottolinea Tarquinio. Infine, “se il soccorso è reato, chi s’impegna per salvare vite, in realtà le sta dannando. Chi tende la mano per aiutare, sta marchiando l’altro. Chi fa il bene, in realtà fa male…”, scrive Tarquinio per coloro che nei comizi, offendendo milioni di credenti, sbandierano come trofei il rosario e il vangelo.

L’Europa contro il governo italiano 

“difendere i confini nazionali non è un diritto ma un dovere. L’Italia – ha chiarito – non prende lezioni da nessuno e dalla Francia in particolare: Parigi ha chiuso Schengen, era in prima fila per bombardare la Libia, abbandonava immigrati nei boschi italiani”. Intanto, anche da Lussemburgo giunge una presa di posizione forte contro il “Salvare vite umane è un obbligo umanitario. Il salvataggio in mare non deve essere criminalizzato. Spetta alla giustizia italiana chiarire velocemente le accuse”. Non le manda a dire su Twitter il ministro degli Esteri della Germania, Heiko Maas, nel giorno dello sbarco della nave Sea Watch 3 a Lampedusa. Ma critiche sono arrivate anche dalla Francia e da Lussemburgo, a testimonianza del fatto che per il governo gialloverde sul fronte migranti la strada è in salita nei rapporti con gli altri Paesi dell’Unione europea. L’Italia “ha annunciato una chiusura dei suoi porti, in violazione del diritto internazionale del mare, anche se gli sbarchi di persone soccorse in mare continuano ad avvenire in Italia, sia da parte di navi di ong, sia di navi della guardia costiera italiana”, è il contenuto di un comunicato del ministero dell’Interno francese guidato da Cristophe Castaner. Si riaccende, quindi, la polemica fra Parigi e Roma, dopo le frizioni delle scorse settimane su Ventimiglia. È arrivata, infatti, a stretto giro la replica del titolare del Viminale, Matteo Salvini, secondo cui“difendere i confini nazionali non è un diritto ma un dovere. L’Italia – ha chiarito – non prende lezioni da nessuno e dalla Francia in particolare: Parigi ha chiuso Schengen, era in prima fila per bombardare la Libia, abbandonava immigrati nei boschi italiani” nessuno e dalla Francia in particolare: Parigi ha chiuso Schengen, era in prima fila per bombardare la Libia, abbandonava immigrati nei boschi italiani”. Intanto, anche da Lussemburgo giunge una presa di posizione forte contro il “Salvare vite umane è un obbligo umanitario. Il salvataggio in mare non deve essere governo. “Caro Enzo, ministro degli Esteri italiano”, “vorrei sollecitare il tuo aiuto” perché “Carola Rackete, che era ai comandi della nave battente bandiera olandese ed era in obbligo di far sbarcare 40 migranti a Lampedusa, oggi 29 giugno, sia rimessa in libertà”, ha scritto su Facebook il ministro degli Esteri lussemburghese, Jean Asselborn, in una lettera indirizzata all’omologo Enzo Moavero Milanesi, in cui sottolinea che “salvare delle vite umane è un dovere e non potrà mai essere un delitto o un reato; non salvarle, al contrario, lo è. Come in passato il Lussemburgo resterà sensibile all’idea di solidarietà con l’Italia per quanto concerne la ripartizione dei migranti salvati dalle navi delle ong nel mar Mediterraneo”. E non si è fatta attendere la replica di Milanesi. “Nei confronti della comandante della Sea-Watch 3, Carola Rackete, è stata aperta un’inchiesta e adottate misure da parte della magistratura italiana. In base alla nostra Costituzione – ha sottolineato il ministro – i giudici hanno piena indipendenza dal Governo. Con rispetto e fiducia ne attendiamo, dunque, le decisioni”. Il titolare della Farnesina, ricordando lo “spirito dell’amicizia di lunga data che ci lega”, ha concluso così il suo messaggio su Facebook: “Desidero, peraltro, cogliere l’occasione per ringraziare, nuovamente, il Lussemburgo per la disponibilità ad accogliere alcuni dei migranti della Sea-Watch 3”.

 

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