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Un Errore Fatale

Il Presidente del Consiglio incaricato, Conte, si vede rifiutato un Ministro dell’economia, Savona, perché “anti-europeo”. A fronte di questa posizione, Conte rassegna l’incarico. Il “governo del cambiamento” non si fa più. Dopo tre mesi si torna da capo. Altro che terza Repubblica! Siamo nel peggio della seconda.

Comunque vadano le cose nelle prossime settimane, la crisi che si è aperta fra Mattarella e Lega-5Stelle è molto grave. Non è solo politica, ma istituzionale.

Può un Presidente della Repubblica rifiutare un governo espressione di una maggioranza elettorale formatasi nel Paese? La sua funzione di garanzia riguarda l’osservanza delle norme costituzionali oppure la difesa dell’euro e, magari, dell’embargo nei confronti della Russia? No, non può. Questa non è una Repubblica presidenziale.

Altro giro: si convoca Cottarelli. L’idea di un governo “tecnico” è dura a morire, pur di non andare a votare. Un governo Cottarelli sarà appoggiato solo dagli sconfitti alle elezioni, compresa forse Forza Italia. Avrà la fiducia del Parlamento? Quasi certamente no. Invece di avere un Governo ne avremo due sfiduciati (Gentiloni e Cottarelli) e uno negato (Conte). Peggio di così non può andare.

Ma si dovrà andare a votare, comunque, ed è qui il vero nodo della crisi, perché non si voterà più solo per un nuovo Parlamento, ma se vogliamo o non vogliamo l’Europa.

Le polemiche sui “sovranisti” si tradurranno in un referendum. Se il voto della maggioranza del Paese sarà a favore di Salvini e Di Maio, questo ci porterà, inevitabilmente, a fare dell’Europa una questione fondamentale, il che non è nell’interesse del Paese.

Dell’Unione Europea possiamo dire il peggio che vogliamo, ma è l’unica realtà del continente che, bene o male, abbia una voce nel mondo. Oggi, va di moda dire che non è così, che l’Europa è un vecchio arnese che non funziona più, che occorre ristabilire la sovranità degli Stati che la compongono e così via. Forse è vero, ma senza l’Unione europea, con tutti i suoi difetti, la maggior parte dei suoi Paesi membri conterebbe meno di zero. Da partners a parti uguali nell’Unione diventerebbero satelliti di questa o di quell’altra potenza. Non è una grande prospettiva. Un conto è migliorare lo strumento europeo, un conto è uscirne. Il gesto di Mattarella spinge a una radicalizzazione pericolosa della questione.

Alla radice delle difficoltà attuali dell’Unione c’è il fatto che i Governi, ad onta delle preoccupazioni dei sovranisti, hanno ancora troppo potere. È stato detto più volte che l’Unione europea ha un deficit di democrazia, perché il Parlamento europeo non nomina i Commissari e ha poteri molto limitati. Ma se il Parlamento non ha questi poteri, è perché i Governi dei Paesi membri non glieli hanno dati. Il deficit di democrazia è voluto, non è un incidente di percorso comunitario. Nessun Paese membro ha voglia di delegare poteri, se non a parole.

La Commissione è la guardiana dei Trattati istitutivi, ma nella sostanza è il valletto delle volontà degli Stati. Se l’Unione non funziona, se i vincoli sono troppo pesanti, se il Trattato di Maastricht forse è obsoleto, chi è il responsabile? Sono gli Stati membri e i loro rappresentanti.

Tanto rigore nei confronti di un probabile Ministro dell’Economia come Savona, Mattarella e i suoi predecessori lo avrebbero dovuto avere quando sono stati nominati i nostri rappresentanti in seno alle Istituzioni europee. Abbiamo inviato a Bruxelles il peggio del ceto politico italiano: i tromboni e i trombati, gli inutili e gli incapaci. Brava gente, forse, ma sprovveduta. Un esilio dorato, purché non dessero fastidio in Italia. I risultati li vediamo da anni. Abbiamo subito tutto, accettato tutto, negoziato sulle virgole e non sui contenuti. Abbiamo giocato sempre di rimessa. Non un’idea, non una proposta, solo aggiustamenti, tanto per salvare la faccia. Gli altri, Francia, Germania, Regno Unito, hanno inviato i loro uomini migliori. Loro proponevano e disfacevano. I nostri accettavano.

La creazione dell’euro senza una politica fiscale ed economica comune è stata un azzardo. Però, l’unificazione monetaria esiste e siamo stati d’accordo. La gestione di Draghi alla BCE, con l’acquisto dei titoli pubblici, ha ottenuto risultati di cui si sono avvantaggiati tutti gli Stati, e in particolare il nostro.

Il bail-in, in pendenza di una crisi bancaria italiana gravissima, l’abbiamo accettato senza battere ciglio, salvo poi lamentarcene.

Il Trattato di Dublino, che accollava al primo Paese di approdo (e cioè a noi) l’onere di salvare i profughi, porta la nostra firma. L’Immigrazione, nonostante la buona volontà formale dell’Unione, non si è né interrotta né distribuita nel territorio comunitario, come previsto. Tutti gli Stati hanno chiuso le frontiere. Noi no, non possiamo chiudere il mare.

L’Unione europea rappresenta la maggior parte dei Paesi del vecchio continente, quella che per secoli ha governato il mondo. Ora non è più così. Due guerre mondiali hanno suicidato l’Europa. Altre potenze si sono affermate sulla scena mondiale, ma l’Unione, nonostante tutto, ancora pesa, con il suo immenso potenziale economico.

Certamente non è una costruzione perfetta, ma ha funzionato per più di mezzo secolo. Non è una potenza militare, perché i Governi non l’hanno voluto, però ha una grande influenza economica e politica e ha garantito la pace sul continente europeo. È un pezzo importante sulla scacchiera mondiale.

Le prossime elezioni dovranno tener conto del fatto che il cambiamento non si fa uscendo dall’Europa, ma cambiando totalmente la nostra classe dirigente, vecchia, bolsa, incapace, incolta e corrotta. Prima di alzare la voce a Bruxelles occorre pulire casa nostra. Ci hanno portato al disastro, gestendo un Paese in cui non funziona più nulla.

Una marea montante di voti alla Lega e a 5Stelle rischia di essere la risposta al presunto rigorismo del Presidente della Repubblica. In questo modo cambia decisamente lo scenario politico. Dire di no al governo giallo-verde è stato un azzardo politico, ma anche una provocazione del vecchio al nuovo o al diverso.