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I micenei nel Baltico secondo Marco Pizzuti

Parlerò oggi della fredda casa di Omero  ovvero della vera localizzazione delle imprese narrate nell’Iliade e nell’Odissea.

Omero è considerato per eccellenza lo scrittore e il poeta del mediterraneo antico, ma le sue opere hanno sempre descritto quelli che si riteneva essere luoghi di fantasia in quanto non vi era nessuna corrispondenza effettiva tra i luoghi da lui narrati e le zone effettive in cui avrebbero avuto luogo le imprese da lui narrate.

Marco Pizzuti si avvale degli studi di Felice Vinci, uno studioso all’epoca dei suoi scritti considerato un dilettante per sminuirlo, un’opera immensa di lavoro che risulta quanto mai attuale e che sta scuotendo il mondo accademico per dimostrare che le imprese narrate da Omero furono in realtà compiute dai popoli nordici nel secondo millennio a.C. e che poi questo popolo immigrò in Grecia, portando le gesta che avevano vissuto nel nostro mediterraneo (questo concetto è descritto anche nel mio articolo sul dio Apollo per ciò che riguarda la sua origine nordica).

I primi dubbi sulla reale collocazione delle opere di Omero nel Mediterraneo sono venuti dalla toponomastica:

  1. lo Stretto dei Dardanelli che per suo stesso nome è un luogo angusto viene descritto da Omero come “largo Ellesponto” e quindi Vinci lo identifica col golfo di Finlandia anche perché viene citato da Saxus Gramaticus, storico medievale, un popolo di Ellespontini in quella zona.
  2. L’isola omerica di Faro aveva ricca popolazione di foche e distava secondo il racconto di Omero 1 giorno di viaggio dall’attuale Egitto mentre la vera Faro è l’isola di Fårö al centro del Baltico vicino la foce della Vistola, il corrispondente nordico della foce del Nilo. Inoltre al tempo dei romani la Finlandia era nota come Aeningia ovvero terra degli Aeni, terra di Enea.
  3. La celeberrima città di Troia descritta da Omero come circondata da fiumi e e zone paludose non ha un corrispettivo nell’attuale Turchia, dove gli studiosi canonici hanno sempre collocato la città.
  4. L’isola di Odigia, dove Ulisse fu prigioniero della ninfa Calipso, si trovava a 5 giorni di navigazione occidentale dalla Britannia e proprio in quella direzione si trova un’isola dell’arcipelago delle Faroer, a nord della Danimarca, caratterizzata da un monte con nome Ogoigy, un nome quasi uguale a questa collocazione mediterranea.
  5. Scheria, la terra dei Feaci, che Ulisse tocco subito dopo Odigia, distava la bellezza di 18 giorni di viaggio, un viaggio troppo lungo anche a quei tempi per lo stretto mediterraneo: la vera destinazione era la Groenlandia, che come sappiamo ha avuto importanti testimonianze archeologiche nell’età del bronzo.

La città di Troia non si trovava nella calda e assolata Turchia del tempo ma in una zona non ben precisata vicino l’attuale capitale di Helsinki, luogo in cui è stato ritrovato un cospicuo numero di reperti archeologici micenei dell’età del bronzo. Questo è un luogo dove il tempo “Livido e brumoso” e “Le fitte nebbie” descritte da Omero aveva maggiore probabilità di essere realmente accadute. Vi sono inoltre altri elementi che caratterizzano l’ambiente in cui micenei e troiani combatterono come “La notte bianca” (ovvero i giorni dell’anno in cui vi è luce nelle ore notturne, le aurore boreali che venivano descritte come “Danza dell’aurora” e un momento i cui Ulisse non distingue “Dove il sole sorga o tramonti” (quello che oggi chiamiamo il sole di mezzanotte, fenomeno assolutamente nordico).

Altri elementi di diversa natura permettono inoltre di collocare i Micenei in un’ottica nordica:

  1. Le navi a doppia prua descritte dettagliatamente da Omero corrispondono oltre ogni dubbio ai drakkar vichinghi, questi con le loro caratteristiche tecniche erano assolutamente sconosciuti nell’antica Grecia: le navi dei feaci in particolare descritte con chiglia piatta e pescaggio minimo erano di sicuro i cosiddetti drakkar vichinghi.
  2. Gli eroi omerici vengono descritti come alti, possenti e biondi; Ulisse viene descritto con un elmo a punta che potrebbe essere il classico copricapo vichingo.
  3. Vengono descritti vasellame e stoviglie costruiti da metallo come accade nei poemi nordici, cosa che invece non avveniva nel mediterraneo dell’epoca.
  4. Le mura di Troia così come quelle delle città dei feaci costruite con tronchi e pietre fanno pensare di più alle costruzioni nordiche di quel periodo che alle costruzioni difensive mediterranee di quel periodo.

Come confermato da teorie di altri studiosi è molto probabile che Omero sia stato testimone non di una serie di eventi svoltosi nel mediterraneo ma piuttosto che si possa collocare nell’età del bronzo nordica e non mediterranea.

Marco Pizzuti è nato a Roma nel 1971 ed è un laureato in legge, lavora presso una nota società di servizi che lavora con le istituzioni dello Stato e si occupa di controinformazione già da molti anni. Il suo libro “scoperte archeologiche non autorizzate” rappresenta un buono spunto per chi vuole capire i retroscena che caratterizzano il mondo antico e quello moderno: le più recenti scoperte stanno ribaltando la storia dell’umanità, una rivoluzione silenziosa ignorata da media e istituzioni che sta comunque cambiando il modo di pensare di chi queste cose le ha studiate o intuite da tante, troppe coincidenze fortuite.

foto  wikipedia                                                        ©Spuntarelli Francesco