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Il mito del faraone Tutankhamon

Tutankhamon è oggi per noi forse il più celebre dei faraoni, un mito, un’icona anche se forse fu il meno importante dei sovrani dell’antico Egitto. Salito al trono all’età di 9 anni, fu il dodicesimo e pressoché ultimo faraone della XVIII dinastia del Nuovo Regno. Regnò solo pochi anni (dal 1328 al 1318 a.C. circa) e morì diciottenne senza lasciare tracce di grandiosità nel suo passaggio terreno. Ciò che rese eterno il suo nome fu il ritrovamento del suo monumento funebre e le spoglie mortali. A differenza di tutti gli altri faraoni, la sua tomba fu ritrovata pressoché intatta da un archeologo chiamato Howard Carter, nel 1922. Fu una scoperta che scatenò ovunque un interesse senza precedenti verso la civiltà egizia. Tutankhamon e il suo splendido sarcofago dorato che racchiudeva un re di 18 anni a destato in tutto il mondo uno straordinario interesse.

Già ai tempi di Napoleone l’Egitto era stato di moda, e aveva ispirato progettisti e decoratori del movimento neoclassico; in America si costruivano obelischi, e sulle banconote si riproduceva la Grande Piramide. Anche gli artisti ne furono ispirati: nacquero i primi romanzi e racconti dedicati ai “misteri dell’Egitto” e Edgar Allan Poe scrisse “quattro chiacchiere con una mummia”. La musica celebrò l’antico Egitto col flauto magico di Mozart e con l’Aida di Verdi i riferimenti alla terra dei faraoni sono espliciti. La decrittazione dei geroglifici a opera di Jean-François Champollion rivelò che le misteriose iscrizioni nascondevano nomi di defunti e formule funerarie. La scoperta di Howard Carter ebbe dunque l’effetto di risvegliare nel mondo occidentale una sopita intensa egittomania.

La mummia di Tutankhamon fu studiata, dopo 3300 anni di riposo ininterrotto. Il sovrano era stato deposto dentro tre sarcofagi che si incastravano l’uno nell’altro come in una gigantesca matrioska. A contenerli era un catafalco scolpito da un blocco massiccio di quarzo giallo finissimo, che presentava sugli spigoli gli altorilievi delle dee protettrici Iside, Neftis, Neith e Selkit. Al di sotto del pesante coperchio di granito rosa, comparve, coperto da un lenzuolo di lino bianco il primo sarcofago di legno e oro. A questo ne seguiva un secondo molto simile, ricoperto d’oro e intarsiato con vetro e pietre preziose. Infine, un terzo d’oro massiccio pesante 110 chili che era però bloccato da uno spesso strato di resina nera, simile a pece che incollava il sarcofago interno alla base di quello medio. Per riuscire a separarli, fu necessario intervenire con solventi, portare la temperatura a 650 °C e armeggiare di martello. Questi sistemi poco ortodossi ebbero tra altri effetti anche quello di rompere le ossa del faraone.

Finalmente all’interno dell’ultimo sarcofago apparve la mummia, il viso coperto dalla bellissima maschera funeraria in oro, lapislazzuli e pietre preziose che ancor oggi si può ammirare insieme agli altri tesori della tomba di Tutankhamon al museo egizio del Cairo. Anche la salma era incollata al fondo del sarcofago, per via della resina nera usata durante il bendaggio. Si decise così di esaminarla in situ. Come si legge nelle cronache dell’epoca, fu il dottor Douglas Derry a fare la prima incisione nelle bende, l’11 novembre 1925. Si prese nota che le dita delle mani, dei piedi e gli arti erano stati fasciati singolarmente, mentre il pene era stato fasciato in posizione eretta. Le braccia erano state incrociate sul petto, con il braccio sinistro appoggiato sul destro.

Una volta messo a nudo, si dovette smembrare il corpo del re per poterlo togliere dal sarcofago. La maschera, anche lei saldata al sarcofago, fu scalzata usando coltelli arroventati, e per la prima volta dopo tremila anni tornò alla luce il volto di Tutankhamon. Il re aveva un viso di ragazzo, la nuca rasata, il cuoio capelluto coperto da un acido grasso biancastro, il naso appiattito dal bendaggio e i lobi delle orecchie forati per l’usanza di portare orecchini. Carter e gli altri notarono che la struttura del volto ricordava da vicino quella riprodotta nei monumenti del faraone Akhenaton. Una volta ricomposto, il corpo risultò misurare 1,63 metri di altezza, con la spina dorsale leggermente curva. Le cause del decesso, però, non erano evidenti.

Furono fatte indagini ai raggi X del 1968, condotte all’interno della tomba con una macchina portatile, e dallo studio delle lastre, nel 1998, fu ipotizzata una morte violenta dovuta a un trauma dell’osso occipitale come un colpo alla nuca. Alcuni archeologi ipotizzarono anche un possibile colpevole per il regicidio: forse il visir Ay, che sognava di diventare re, o il generale Horemheb. Entrambi, effettivamente, dominarono l’Egitto, uno dopo l’altro, al posto dello scomparso faraone.

Nel gennaio 2005, la mummia di Tutankhamon fu sottoposta a una nuova serie di esami. Questa volta il corpo fu estratto dalla tomba ed esaminato con una TAC all’Università del Cairo. L’esame accurato del corpo e della testa di Tutankhamon, ottenuto attraverso più di millesettecento immagini digitali, ha potuto accertare che il re soffriva di una leggera forma di palatoschitosi, una malformazione congenita del palato. Venne alla luce anche una frattura alla gamba sinistra, prodottasi poco prima del decesso.

Un’ulteriore serie di test, di tipo genetico, fu condotta negli anni successivi, e i risultati resi noti nel febbraio 2010 con una pubblicazione su «JAMA», il Journal of the American Medical Association. Oltre al DNA di Tutankhamon, furono esaminati anche quelli di altre undici mummie della XVIII dinastia, al fine di evidenziare eventuali legami di parentela e possibili malattie genetiche. Si poté in tale modo stabilire che Tutankhamon era figlio proprio di quel faraone Akhenaton con cui già Carter e i suoi colleghi avevano notato la somiglianza. Sua madre era Kiya, una sorella di Akhenaton. A quei tempi i matrimoni tra consanguinei erano ritenuti normali: non erano infatti note le conseguenze genetiche e le probabili gravi malformazioni sui discendenti. Trovate oggi puntualmente nei test del genoma.

L’analisi genetica ha permesso di stabilire anche che Tutankhamon non fu un faraone forte, non avrebbe potuto nemmeno guidare una carrozza: fu invece un bambino fragile e debole. Nella sua tomba erano stati rinvenuti anche centotrenta bastoni da passeggio, particolare che ha insospettito il team di archeologi inducendolo a svolgere altri studi, che hanno confermato una malformazione al piede. Tutankhamon, dunque, soffriva di equinismo al piede sinistro, una malattia ossea non invalidante ma tale da rendere impossibile camminare normalmente. Forse questo è anche il motivo per cui è quasi sempre ritratto seduto.

Nicola Sparvieri

Foto © Nikon School

archeologia, Egittologia, Tutankhamon