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L’abito rosa di Jackie Kennedy si potrà vedere solo nel 2103

Nel giorno dell’assassinio di suo marito, il 22 novembre del 1963, la first lady Jackie Kennedy indossava un vestito rosa confetto di Chanel. L’abito che rimase macchiato di sangue non fu mai stato lavato e non potrà essere esposto al pubblico fino al 2103 per volere della figlia Karoline.

Come riporta Il Tempo l’abito è conservato in un in una stanza senza finestre con un’umidità mantenuta al quaranta per cento; l’aria viene cambiata sei volte ogni ora. Il prezioso tessuto vale più di un reperto preistorico, più di un diamante raro”

Era un tailleur realizzato in lana bouclé, con il colletto blu marine ed il cappellino in tinta. Curiosamente era tra gli abiti che il presidente preferiva : non a caso Jaqueline l’aveva indossato in altre occasioni prima di Dallas. Per trent’anni si è discusso anche sull’originalità dell’abito, se fosse un vero Chanel o una semplice copia. Il mistero è stato svelato nella biografia di Coco Chanel.

Justine Picardie ha risolto la questione rivelando che tessuto, bottoni e rifiniture arrivarono effettivamente da Chanel ma che la realizzazione fu di Chez Ninon. Non si trattò di una contraffazione, nessuna violazione del marchio. Lo scopo di comprare l’abito da Chez Ninon non era quello di risparmiare denaro, il costo era identico, ma di far apparire patriottico l’acquisto effettuato negli Stati Uniti anziché a Parigi

L’abito presenta ancora le abbondanti macchie di sangue del presidente assassinato e sarà visibile al pubblico soltanto tra ottantasei anni. Non volle che fosse pulito proprio la moglie del primo cittadino d’America, che anzi dopo il delitto fu testimone al giuramento del nuovo presidente Lyndon Johnson con addosso quel vestito sporco. “Non lo voglio togliere tutti devono vedere cosa hanno fatto a mio marito”. Jackie infilò il vestito in una scatola sulla quale scrisse la data della morte di JFK e lo spedì alla madre Janet Lee Auchincloss che a sua volta conservò lo”Chanel” in soffitta per poi darlo al National Archives del Maryland.