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Rupi Kaur, la giovane Instapoet indiana

La poesia da un punto di vista editoriale è un prodotto letterario che si rivolge a pochi vendendo sempre meno. C’è solo un caso in cui invece si registra una tendenza diversa se non opposta, ed è quello degli Instapoets: poeti, di un’età generalmente compresa tra i 18 e i 34 anni, che pubblicano su Instagram o Tumblr. Tramite i social riescono a rivolgersi ad un pubblico molto più vasto e soprattutto giovane, e quindi è interesse delle stesse case editrici contattarli e pubblicarli.

Questo tipo di poesia negli ultimi tempi è diventato un fenomeno molto interessante e tra i vari nomi spicca quello di Rupi Kaur, giovane Instapoets di origini indiane.

Molto famosa negli Stati Uniti, Rupi Kaur ha 24 anni, è nata in Punjab,  ma a quattro anni si è trasferita in Canada con la famiglia, e oggi vive in Ontario. La madre le ha trasmesso la passione per il disegno e da sola invece ha sviluppato quello per le parole, iniziando sin da piccola a scrivere poesie.

“Non ho iniziato a scrivere ponendomi uno scopo preciso. In realtà lo facevo per me, perché cercavo una forma di espressione che potesse essere catartica e non avevo assolutamente pianificato di condividere i miei lavori online”, racconta Rupi durante un’intervista. È solo quando inizia il college, alla University of Waterloo, dove studia retorica e scrittura, che inizia anche a pubblicare online le sue poesie con il proprio nome, senza più avvalersi dell’anonimato. Nel 2013 si iscrive a Tumblr, dove condivide tutte le poesie che aveva scritto fino a quel momento (e non erano poche), ottenendo dei buoni risultati e una buona visibilità. Nel 2014 invece si inscrive a Instagram, e inizia anche ad illustrare le sue poesie.

Le sue  poesie  sono scritte in versi, in minuscolo e senza segni di interpunzione. Una scelta che deriva dal desiderio di rendere omaggio alla cultura indiana ed in particolare all’alfabeto Gurmukhi, dove tutte le lettere sono uguali, e hanno lo stesso valore. “Una rappresentazione estetica di quello che vorrei vedere nel mondo: più parità e più uguaglianza”, ha detto.

I temi che Rupi ha scelto di trattare sono tra i più vari e complessi: lo stupro, l’alcolismo, le dipendenze, le rotture sentimentali, la depressione, la felicità, ma soprattutto sono riflessioni su cosa significhi, oggi, essere una donna, sia da un punto di vista sociale, che da un punto di vista fisico e biologico. E proprio per questo suo “aspetto”, a causa di una foto che ritraeva se stessa con un pigiama sporco di sangue e che pubblicò su instagram il suo nome rimbalzò in tutto il mondo, ricevendo sia molte critiche che molti giudizi positivi che le fecero ottenere ancora più visibilità. Infatti nell’ottobre del 2015 la Andrews McMeel Publishing ha deciso di stampare su carta una seconda edizione del suo libro, Milk and Honey che nel giro di pochissimo è diventato un best seller.

Durante un’intervista, Rupi ha spiegato che affrontare questi temi non è una questione di scelta ma di necessità, perché, da persona che ama moltissimo la poesia e che divora libri, si è accorta che questi aspetti non sono abbastanza rappresentati.

Non so come sia successo ma un giorno, una ragazza che mi seguiva da Seattle, mi ha contattata, commentando una poesia che avevo scritto sulle molestie sessuali, e mi ha detto: le tue poesie mi fanno davvero sentire come se fossi una donna. E non so perché, ma tra tutti i commenti che ho letto negli anni, quando ho letto quello ho pensato: non posso fermarmi. E quindi piano piano si è formata intorno a me questa specie di comunità di donne che parlavano di cose comuni che spesso però sono ancora considerate un tabù

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Ad oggi il suo libro e ciò che scrive può essere considerato se non IL manifesto, UNO dei manifesti, delle donne della nostra generazione.

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