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Autore: Sveva Marchetti

Coca Cola: all’asta una bottiglietta da 100 mila dollari

Ebbene sì, potrebbe esserci qualcuno disposto a spendere più di 100 mila dollari per una bottiglietta di Coca Cola, che sarà battuta all’asta sul sito Morphy Auction.

Come ha riportato Food and Wine, la bottiglietta in questione è stata prodotta ben 100 anni fa, e pare sia una delle poche arrivate ai giorni nostri intatte. Per i collezionisti un affare da non farsi scappare, visto che si tratta di un ritrovamento raro. 

Nella descrizione, sul famoso sito d’aste, troviamo diverse informazioni tra cui quella che la preziosa bottiglietta è in vendita senza il suo contenuto, quindi è vuota.

E poi non manca la parte storica, nel 1915 Coca Cola decise di dare un design iconico alle bottigliette, uno stile che  fosse in grado di caratterizzare il prodotto rendendolo unico al mondo. Otto aziende hanno proposto i loro prototipi e la scelta cadde sul progetto di Earl R. Dean della Root Glass Company che poi venne riadattato per venire incontro alle esigenze di fabbricazione. Questa bottiglietta dovrebbe essere proprio una di quelle usate per i primi test.

Secondo un esperto di bottiglie, Bill Porter, Coca Cola decise di distruggere tutte le bottiglie prodotte in questa fase di restyling, ma a quanto pare non tutte vennero distrutte. Sembrerebbero essercene appunto due: una venduta nel 2011 per 240mila dollari, ed ora questa che dovrebbe valere circa 100mila-150mila dollari.

Le Fashion Victim sono le operaie schiave

Costrette a turni estenuanti, anche di venti ore al giorno, private della libertà di movimento e di comunicare col mondo esterno, pagate non con uno stipendio mensile, ma con una modesta somma di denaro per le esigenze quotidiane: sono le giovani donne del Tamil Nadu, nell’India meridionale, che lavorano nell’industria tessile locale, che produce filati per le catene di fast fashion. Le loro storie sono raccontate nel documentario Fashion victims firmato da Chiara Cattaneo e Alessandro Brasile, in anteprima al Festival del Cinema Africano, d’Asia e America Latina, lo scorso 28 marzo a Milano.

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NABA inaugura la sede di Roma

Dopo l’ingresso a novembre 2017 in Galileo Global Education Italia, guidato dal CEO Roberto Riccio, il principale gruppo italiano nella private education in ambito moda, arte, design e media con oltre 8.000 studenti, NABA (Nuova Accademia di Belle Arti) continua il suo percorso di crescita con l’inaugurazione di una nuova sede.

Inaugurato il 2 aprile in via Ostiense a Roma, il nuovo campus che occuperà un’area di circa 3.700 mq all’interno di due edifici storici di inizio Novecento, ristrutturati in modo da rispettarne la struttura architettonica, ma allestiti con un approccio innovativo per far vivere a studenti e docenti un’esperienza formativa unica e stimolante.

La nuova scuola, con Donato Medici come Managing Director e Guido Tattoni direttore della formazione sia della sede di Milano sia di quella di Roma, avrà un’ampia e articolata proposta formativa che riguarderà inizialmente i percorsi triennali con avvio a ottobre: Triennio in Fashion Design, Course Leader Colomba Leddi, Triennio in Media Design e Arti Multimediali, Course Leader Vincenzo Cuccia, Triennio in Arti Visive, Direttore del dipartimento Marco Scotini e Course Leader Andris Brinkmanis, Triennio in Graphic Design e Art Direction, Course Leader Patrizia Moschella.

L’offerta accademica si completa con i corsi estivi, della durata di due settimane che si svolgeranno in tre differenti sessioni dal 24 giugno al 23 luglio nelle quattro aree didattiche, arricchendosi man mano per garantire un panorama sempre più ampio di proposte multidisciplinari.

I due campus a Roma e a Milano, capitali internazionali della cultura, della moda, dell’arte e del design saranno, infatti, contraddistinti dallo stesso approccio, proponendosi non solo come luoghi di formazione, in cui le tradizionali discipline visive si combineranno con le nuove tecnologie digitali, ma anche di produzione grazie ad ambiziosi progetti con aziende e istituzioni italiane ed estere che daranno la possibilità agli studenti di lavorare su proposte concrete, potenziando l’efficacia della loro esperienza di apprendimento e ottimizzando lo sviluppo delle loro competenze per affrontare una brillante carriera professionale.

Il campus sarà fornito di tutti gli strumenti che consentiranno agli studenti di esprimere al meglio la propria creatività, con laboratori specialistici dove gli alunni potranno realizzare i propri progetti e affinare le proprie tecniche: il laboratorio di Fashion e Textile, con macchine da cucire industriali, presse, ferri da stiro, manichini e busti sartoriali; il laboratorio di Arti Visive con l’occorrente per stampa e incisione; il laboratorio di Illuminotecnica e quello di Grafica, con le migliori infrastrutture It e i più innovativi equipaggiamenti high-tech per la sperimentazione artistica. A disposizione degli studenti anche un’ampia biblioteca con 32 postazioni studio e diversi spazi a loro riservati, come l’aula studio e varie aule ristoro.

”Per NABA”, afferma Donato Medici, Managing Director di NABA, “si celebra una data importante: l’apertura ufficiale della nuova sede a Roma, una città complementare a Milano sotto tanti punti di vista e insieme epicentro della cultura italiana. Un ambizioso progetto che vuole coinvolgere la città e i suoi protagonisti del mondo della moda e del progetto, proseguendo il dialogo già avviato con la premiazione dei nostri studenti durante l’Open Call ‘Vesti il Parco archeologico del Colosseo’ promossa da Altaroma e il Parco a giugno, e la prestigiosa collaborazione con il MAXXI che ha dato vita a una giornata dedicata all’arte performativa all’interno della bellissima mostra La Strada a cui hanno partecipato alcuni nostri docenti e studenti del Biennio Specialistico in Arti Visive e Studi Curatoriali. Due iniziative di rilievo che rappresentano solo l’inizio della creazione di quel tessuto connettivo in grado di contribuire al processo di evoluzione della città in stretta collaborazione con le più importanti istituzioni del territorio” .

articolo via AdnKronos

Ciao Karl

Riportiamo questo articolo di Costantino della Gherardesca scritto per Il Foglio

Lagerfeld ci mancherà
Ormai la moda si limita a sfornare trend dal fiato corto. Si è andati troppo dietro allo Zeitgeist

In questi giorni le riviste di moda e non, insieme ai social di mezzo mondo, piangono la morte di Karl Lagerfeld: stilista, direttore creativo per Chanel e Fendi, fotografo e icona di stile, l’uomo che nel 2014 dichiarò al Women’s Wear Daily che “i selfie sono la cosa che odio di più nella mia vita”.

Con lui sparisce un altro insostituibile pezzo di quel poco che resta della consapevolezza nel campo della moda mondiale: un settore che – per sopravvivere in questo clima infame – ha preferito rinunciare alla competenza per lanciarsi all’inseguimento dei gusti volatili e discutibili di una platea di influencer adolescenti.

Ora che ho superato la boa dei quaranta e sono dall’altra parte della barricata, ho tutto il diritto (se non il dovere, dovuto a un istinto di conservazione) di credere che non si debba cercare la verità nelle opinioni dei più giovani. Per questo mi chiedo: che senso ha fare da cassa di risonanza a queste sciacquette armate di smartphone?

Quando, nel secondo Dopoguerra, i ragazzi occidentali si sono imposti come categoria emergente di consumatori, alcune figure di punta della moda sono state in grado di mantenere un minimo di compostezza e di ricordarsi che non si trattava di una folla da accontentare e adorare a priori, ma di un confuso catalogo di input da cui trarre (se necessario) ispirazione. Quando Yves Saint Laurent ha intercettato le prime avvisaglie di una “moda di strada” e le ha inglobate nella sua produzione, non stava semplicemente cercando di accarezzare l’ego di una Instaqueen, ma stava accogliendo nel prêt-à-porter elementi di controcultura, per farli entrare in contrasto con un organismo che rischiava di arroccarsi su influenze a aspirazioni visive puramente borghesotte.

Ma se i ragazzi di allora erano reduci o testimoni diretti di disastri e stravolgimenti epocali (guerre, genocidi, carestie, ma anche nascita di nuovi gruppi sociali, messa in discussione di barriere razziali e progressiva rilettura dei gender roles: tutte ansie e ambizioni che ritroviamo nel prêt-à-porter del secondo Novecento), i giovani che i direttori delle case e delle riviste di moda oggi cercano di blandire sono già imbevuti di mainstream, perfetta espressione di una normalità chiassosa che diventa “trasgressiva” solo perché, attraverso i social, ha la possibilità di far rimbombare la sua onnipresente e colorita vacuità. Il mainstream non è più sbeffeggiato né reinterpretato, ma interiorizzato in tutto e per tutto, incluse le sue regole di diffusione per presidiare il mercato.

Non c’è da stupirsi, quindi, se la moda si limita a sfornare trend inconsistenti e dal fiato corto: le sue istituzioni – le riviste di settore in primis – hanno spalancato le porte a un cavallo di Troia carico di teenager con le felpe glitterate e una connessione 5G, li hanno incoronati influencer e li hanno ricoperti di brand altisonanti. Del resto, l’apocalisse della fast fashion l’aveva già predetta, anni fa, Claude Montana: ci si dimenticherà dei vestiti e si finirà a piazzare loghi su cappellini e borsette qualsiasi.

Fatte rare eccezioni (penso a isole felici come “Encens” di Samuel Drira o “The Leopard” di Alister Mackie), la stragrande maggioranza dei direttori delle riviste di moda non capisce più nulla di moda. Rimpiangono Karl Lagerfeld, anche se in realtà non se lo filano da anni, presi come sono nella loro rincorsa allo Zeitgeist dei selfie di ragazzine analfabete. E in questa corsa verso l’abisso hanno glorificato le grilline della moda, le giovani influencer che pur non capendo un cazzo di moda, la fanno grazie ai social media, diffondendo così la loro ignoranza, istituzionalizzata proprio da quei professionisti che avrebbero dovuto proteggere la moda di cui Karl Lagerfeld era un grandissimo studioso.

Come i giornalisti politici hanno messo sullo stesso piano Jacques Chirac e Luigi Di Maio (e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti), negli ultimi anni i direttori delle riviste di moda hanno messo sullo stesso piano Karl Lagerfeld e Kylie Jenner.

Cari editor, direttori, curatori eccetera di riviste di moda italiane, potevate avere un minimo di decenza e non postare coccodrilli o foto commemorative del povero Karl, visto che – obiettivamente – di moda non ne capite un cazzo.

Bar Hungaria: finalmente il rilancio

Un declino lento quello dello storico Bar Hungaria, locale storico nel cuore del quartiere di Parioli di Roma. La leggenda narra che già dal lontano 1945, il bar di piazza Ungheria si fece conoscere perché serviva gli hamburger ai soldati americani e arrivo all’apice della gloria tra gli anni ’70 e ’80 con il cosiddetto “completo”, un hamburger completo di tutto e preparato sul momento su una piastra in sala, a qualunque ora della giornata. Poi l’incuria di una gestione poco interessata a onorarne la fama e un certo appiattimento sugli standard qualitativi ha portato al declino dell’insegna, che ha definitivamente abbassato le saracinesche nel 2017.

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Il Divo Giulio, le immagini di Andreotti in mostra a Roma

“A parte le guerre puniche, mi viene attribuito veramente di tutto”

Giulio Andreotti, l’uomo della Prima Repubblica, oggi avrebbe compiuto cento anni. l politico che più di tutti ha segnato e simboleggiato l’epoca della storia politica italiana nota come Prima Repubblica. Intorno alla sua persona nacque un mito sin da subito, segnando e simboleggiando un’epoca della storia politica italiana.

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Roma saluta il clochard “che legge”

Un clochard gentile e dignitoso, conosciuto da tutti come il clochard che legge. Così viene ricordato Nereo Gino Murari, deceduto il 7 gennaio per colpa di un’auto pirata intorno alle 5 del mattino in Corso d’Italia. Originario del Veneto veniva chiamato «Verona», ma anche il clochard colto perché trascorreva le sue giornate seduto a leggere con accanto la cagnetta Lilla.

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Roma saluta Spelacchio, arriva l’albero “de Papel”

Si può davvero dire che siamo passati, o meglio passeremo, da un eccesso all’altro. Infatti, dopo il povero Spelacchio, quest’anno l’albero di Natale sotto il Vittoriano sarà in gente stile targato Netflix.

A luglio 2018 la gara bandita dal Campidoglio per l’allestimento dell’albero andò deserta, quindi si pensò di affidarne la realizzazione ad una sponsorizzazione anche sulla scia di quanto fatto a Milano con Sky, ed in altre città europee. europee. Ed ecco spuntare Netflix attraverso un accordo con l’agenzia di comunicazione IGP Decaux S.p.A.

Alto più di 20 metri, con 500 sfere rosse e argento (di cui 100 brandizzate Netflix), 60 mila luci a led a basso consumo, un apposito spazio per i selfie il tutto per 376 mila euro, quasi 8 volte il costo del povero Spelacchio.

Non sono mancate le polemiche, soprattutto riguardo ai costi, ma almeno quest’anno Roma avrà l’albero che si merita, e a noi non resta che aspettare l’8 dicembre per vedere Tokyo, Berlino ed il Professore far capolino da Piazza Venezia.

alla Lateranense, un dibattito sul “Ruolo della Donna nella Società”

 Un  CONVEGNO  su

IL RUOLO DELLA DONNA NELLA SOCIETA’

presso la Pontificia Università Lateranense

Si è svolto a Roma il 23 Ottobre scorso, presso la prestigiosa Pontificia Università Lateranense un Convegno dal titolo Il ruolo della donna nella società. I lavori sono stati aperti dal saluto del Prof. Denis Biju-Duval,129463937_1280x720 Preside dell’Istituto Redemptor Hominis, che ha definito l’incontro “una giornata di riflessione” sul tema della donna, ma questo problema ha sottolineato che non si può affrontare separatamente dal problema del’uomo. Uomo e donna costituiscono l’Essere umano. Questa impostazione fondamentalmente cattolica ha rappresentato il filo rosso, guida per tutti gli interventi del Convegno.

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Premio Letterario Città di Castello: intervista con Michaela, vincitrice sezione narrativa

Si è appena concluso il Premio Letterario Città di Castello organizzato dall’associazione culturale Tracciati Virtuali presieduta da Antonio Vella.
Il concorso a tema libero, si pone come obiettivo quello di scovare nel mare magnum degli aspiranti romanzieri, saggisti e poeti, testi originali ed inediti, e di dar loro la possibilità di condividere i loro scritti con un pubblico più vasto tramite la pubblicazione.

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Caporetto sul Tevere, per le Librerie a Roma

 Crollano le Librerie, trionfano i “peggio affari”

Nel centro storico di Roma, in via Belsiana vicino a Piazza di Spagna, domenica 7 ottobre è crollato in gran parte il controsoffitto  della Libreria Gremese, situata in un immobile di proprietà del Comune di Roma.
Il crollo è stata causato dall’acqua piovana accumulatasi nel corso dei mesi e per l’incuria dell’ amministrazione capitolina, targata “Mov. 5 Stelle”  che  non ha mai avviato i lavori di rifacimento della copertura, nonostante le numerose segnalazioni … e pertanto questa Libreria ha dovuto cessare temporaneamente la propria attività, senza sapere quando e come potrà riprenderla. 

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Il “girontondo” di Nonno Libero

Oggi primo ottobre, nella sala Nassiriya del Senato, alla presenza di un folto pubblico, è stato illustrato un progetto ricco e articolato, sponsorizzato dalla Fondazione Senior Italia per la prevenzione oncologica nelle persone di età superiore ai 65 anni in vista della Festa dei Nonni di domani, introdotta da una legge del 2005.

Alla presenza del dott. Sileri, presidente della Commissione Sanità e oncologo chirurgo e del dott. Messina, presidente della Fondazione Senior si è parlato di una serie di progetti atti a migliorare la vita dei nonni ma più in generale degli under 65 insieme a Lino Banfi, testimonial della festa.

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Starbucks Milano: il caffè che non ti aspetti

Il caffè americano, famoso per il suo frappuccino sbarca in Italia e sceglie Milano.

Domani il grande giorno, Piazza Cordusio, edificio delle Poste, il protagonista assoluto sarà il caffè in tutte le sue declinazioni.

Uno Starbucks atipico, sia nell’ambiente che nell’offerta e che rispetta appieno la nostra cultura per il caffè “senza volere insegnare niente a nessuno” ha aggiunto Howard Schultz. “Nel mondo ci sono solo altre due Starbucks Reserve Rostery come quella italiana, a Seattle e a Shangai. E questo è un sogno in cui abbiamo messo tutto il nostro cuore”, ha spiegato nel corso della presentazione dello store alla stampa Schultz. 

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18/8/1830… 188 anni fa, nasceva l’Imperatore Francesco Giuseppe

FRANZ JOSEPH, un IMPERATORE IMPORTANTE… e non solo

Il 18 Agosto 1830, ben 188 anni or sono, nasceva Francesco Giuseppe d’Asburgo Lorena, uomo che ha reginato dal 2 dicembre 1848 sino al 21 novembre del 1916 sui destini dell’Impero Austriaco, trasformatosi poi nel 1867 nella duplice monarchia Austro-Ungarica. La così detta K.u.K che significava kaiserliche und königliche Doppelmonarchie, “Duplice Monarchia Imperiale e Regia”. Un regno lunghissimo durato 68 anni. In quello che oggi è il Sud Tirolo, il Trentino e le “vecchie Province” austro-ungariche, in qualche modo si avverte la presenza culturale di quella presenza  asburgica di cui Francesco Giuseppe è stato l’ultimo grande rappresentante.

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Giappone: da Holly e Benji ad uno spogliatoio immacolato

Uno spogliatoio splendente ed un cartello con scritto “Grazie”, in russo, sul tavolo. Questo è quello che lascia un paese sconfitto dalla rimonta del Belgio negli ottavi a Rostov.

La partita era iniziata con  una magnifica coreografia che rappresentava uno dei più famosi cartoni animati sul calcio: Capitan Tsubasa alias Holly e Benji. Holly nel cartone è risiuscì a portare il Giappone alla vittoria ma ieri purtroppo il Paese del Sol Levante non ha avuto la stessa fortuna.

La squadra ed i tifosi hanno però dato un esempio unico del calcio, premurandosi di pulire lo spogliatoio e gli spalti dello stadio, come già accaduto nelle scorse partite (anche i tifosi del Senegal si erano distinti per questa vicenda).

E le foto hanno fatto subito il giro del mondo.

Pearl Jam in concerto a Roma lanciano l’ashtag #apriteiporti

e Rita Pavone non ci sta…

I Pearl Jam, all’Olimpico di Roma, oltre al loro immenso repertorio, hanno anche interpretato il  celebre brano di John Lennon,  Imagine, con l’intento di lanciare un messaggio al governo italiano, tramite gli hashtag #Apriteiporti e #Saveisnotacrime, “Salvare non è un crimine”.

Questo ha fatto scatenare “la rabbia” di Rita Pavone su twitter ha scritto “Ai Cip e Ciop che prendono lucciole per lanterne e sparano bordate idiote solo per darsi un contegno da chi conosce il mondo a menadito e magari non è mai andato al di là dei 200 km da casa propria, rispondo che ritengo poco etico e altamente opportunistico approfittare di un proprio concerto per dare consigli, pur cantando una meravigliosa canzone ad altri. Se ci tieni a dire la tua, fai un concerto ad hoc per quella causa. Come fecero con Live Aid Michael Jackson è tantissimi altri”.

La critica parte dal fatto che i Pearl Jam si sono intromessi in questioni italiane che non li riguardavano. Il tweet è stato duramente attaccato, e la Pavone ha poi puntualizzato “E il mio: “Ma farsi gli affari loro, no?”, era inteso come: Con tutte le rogne che hanno a casa loro negli USA, vengono a fare le pulci a noi? Puoi essere il più grande artista del mondo, ma ciò non toglie che sei un ospite e come tale dovresti comportarti. Amen“.

Molti i commenti ironici di risposta c’è anche chi suggerisce che “per evitare spiacevoli situazioni basta far approvare le scalette dei concerti da Salvini”. Ma la cantante risponde a sua volta: “Un suggerimento molto più facile: non parlare dei problemi degli altri quando a casa tua ne hai a miriadi”.