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Autore: Sveva Marchetti

Sarah Thoman la prima donna ad arbitrare il Super Bowl

Per questa 55° edizione sono previsti circa 180 milioni di spettatori e, secondo El País, tutti vedranno alla televisione come anche nello sport “il soffitto di cristallo si è rotto”, non appena Thomas inizierà ad arbitrare la partita più importante del campionato di football americano, entrando a far parte per la prima volta della sua squadra di arbitri, insieme a sei uomini che hanno già esperienze precedenti nella finale.

E senza dubbio il contesto in cui ciò sta per avvenire non potrebbe essere più propizio e mediatico. Indipendentemente dal fatto che lo sport ci piaccia o meno, che si segua il football americano oppure non si sia mai vista una partita – il che è molto possibile, dato che questa disciplina sportiva è piuttosto estranea a noi europei – nel concreto il Super Bowl è già diventato un evento universale: una data memorabile che è entrata a far parte della cultura popolare, come la notte degli Oscar o le Olimpiadi. Gruppi di amici e famiglie si riuniscono ogni anno davanti agli schermi casalinghi, in attesa delle esibizioni di star musicali che faranno la storia. Nonostante il passare degli anni, ricordiamo ancora i contributi memorabili di Whitney Houston, Gloria Estefan, Michael Jackson, Diana Ross o Steve Meraviglia negli anni ‘90, o l’indimenticabile halftime show con gli Aerosmith, ‘N Sync, Britney Spears, Nelly e Mary J. Blige nel 2001, che ancora oggi ci fa rizzare i capelli.

L’edizione passata, Shakira e Jennifer Lopez sono state le prime artiste latine a salire sul palco di questo grande evento sportivo, dando un’ulteriore prova dell’integrazione femminile ed etnica in questo irreversibile cambio epocale. Quest’anno, avendo in campo una professionista come Thomas, si andrà molto oltre il semplice primato, anzi, sarà un evento che ricorderemo a lungo, perché il suo arbitraggio di oggi costituirà un precedente concreto, e quindi un vero passo in avanti verso il raggiungimento definitivo dell’uguaglianza di genere nello sport.

Ma non è la prima volta che Thomas rompe gli schemi nell’universo sportivo. Ha arbitrato ininterrottamente dal 1996, per poi diventare, nel 2015, la prima donna a ottenere un contratto con la NFL. Da allora, come si leggesul Washington Post, ha partecipato a più di 80 incontri. Nel 2019 ha raggiunto un altro traguardo: è stata la prima donna ad arbitrare una partita di play-off, abbattendo così un’altra “barriera di genere” – che fino a quel momento era sembrata inamovibile. Come ha recentemente affermato Troy Vincent, vicepresidente delle operazioni alla NFL, la presenza di Thomas al Super Bowl di oggi renderà la finale una partita storica. E in effetti, è da oltre un altro anno che siamo ansiosi di vederla, e non siamo mai stati così motivati.

Le sue prestazioni d’élite e l’impegno per l’eccellenza le sono valse il diritto di arbitrare il Super Bowl. Congratulazioni a Sarah per questo meritato onore.

 

Carnevale in Campania dove i cibi tipi sono un’altra cosa

I napoletani, ma i campani tutti in generale, sono ossessionati dal carnem levare: il Carnevale, l’ultima festività che precede il periodo di Quaresima, prevede una ricchezza di piatti ed abbondanze quasi fuori misura. Ogni zona della Campania ha i suoi cibi tipici legati al Carnevale, dunque non fate i campanilisti, cari amici campani, se le tradizioni gastronomiche del vostro paesello non sono tra quelle che citeremo. Sono davvero troppe!

Brevissima storia del Carnevale in Campania

Salteremo a pie’ pari tutte le tradizioni pressappoco “ciarnavalesche” del mondo magnogreco e dell’Impero Romano: tanti erano i riti, principalmente di stampo dionisiaco e di altre ritualità pagane per andare direttamente in epoca moderna, dove ritroviamo molte testimonianze di prima mano.

Avete mai sentito dire di una festa di addio al celibato concomitante col Martedì Grasso? Bene, a Napoli abbiamo un illustre esempio di ciò.

Largo di Palazzo, attuale Piazza del Plebiscito: 1737 circa. Carlo di Borbone, capostipite della dinastia omonima arrivato scapolo al trono, intersecò i festeggiamenti del Carnevale con quelli del suo “addio al celibato”. La città di Napoli, ben avvezza ai festeggiamenti, mise da parte le differenze di caste e si riversò in strada per danzare, fare baldoria, mangiare fuori misura. Si dice che Carlo stesso si prestò fieramente ai festeggiamenti, indossando sontuose vesti da indiano ed elargendo cibi, lastricando praticamente la piazza di provoloni, soppressate ed altre cibarie.

Da qui nacquero le “cuccagne“: prima della Quaresima, ce n’erano fino a cinque nella città partenopea e non c’era molto da ridere. Il palo della cuccagna o “palo di sapone” carnevalesco colpì anche il Marquis Donatien Alphonse-François De Sade, in viaggio a Napoli. Il Divin Marchese descrisse con parole di sommo stupore il popolino napoletano che si graffiava, picchiava fino a stramazzare sul suolo pur di afferrare le mercanzie messe a disposizione dalla dinastia borbonica. Il Carnevale, a Napoli, si tingeva di sangue: non era infrequente che ci scappasse il morto, pur di portare le vivande a casa.

Se queste erano le tradizioni cittadini, quelle “di provincia” erano più parche: tradizionalmente agresti, si soleva festeggiare con gli insaccati e le ultime parti del maiale macellato poco tempo prima. Per questo motivo, nella nostra lista di cibi e tradizioni del Carnevale in Campania; troverete anche preparazioni tipiche di un solo comune, fuori dal perimetro napoletano, magari anche di altre province.

 

Lasagna

lasagne

Bboni, state bboni: lo sappiamo fin troppo bene che le lasagne hanno origini e dibattute, ma è innegabile l’importanza che esse hanno avuto ed hanno sulle tavole napoletane e di tutta la Campania. Dopotutto, abbiamo avuto anche un Re Lasagna: parlo di Ferdinando II di Borbone, così soprannominato perché ghiotto di questa preparazione.

Le lagane, cioè sfoglie di pasta sia fresca che secca, erano diffuse sin dall’antichità: la fama dei napoletani come “maccheronari”, poi, ha contribuito alla diffusione. Di lasagne borboniche abbiamo traccia finanche nei primi trattati di cucina meridionale: in quelli della corte angioina datati tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo, troviamo la ricetta De lasanis , una sorta di pasticcio di pasta antenata della nostra.

La lasagna napoletana solitamente non prevede l’utilizzo della pasta all’uovo; è composta da un ragù molto ricco al quale viene aggiunto abbondante formaggio, a volte uova, qualcuno osa anche con i salumi. La lasagna napoletana prevede anche l’inserimento, ad ogni strato, di una quantità variabile di polpettine (vedi sotto per le specifiche), che rendono la nostra “riggiola” di pasta ripiena molto golosa e calorica: l’ideale prima di iniziare la Quaresima.

 

Migliaccio dolce (ma anche salato)

migliaccio-napoletano-taglio

Il migliaccio, dal latino miliaccium, è un piatto radicato nella più profonda tradizione contadina campana: si narra che in origine gli ingredienti fossero il miglio (diffuso nella civiltà contadina) insieme al sangue di maiale. Attualmente – bandito il sangue di maiale – , usata è la semola rimacinata abbondante ricotta, zucchero, latte, uova, una quantità variabile di essenza di fiori d’arancio, cannella. Se vi ricorda l’interno di una sfogliatella napoletana, beh, non andate molto lontani dalla realtà.  Preparato e riposto in un tegame di rame, dopo una cottura in forno di circa sessanta minuti, il nostro migliaccio avrà una crosta morbida, umida e dal colore dorato.

Esiste anche la versione salata del migliaccio, che ugualmente viene preparata nel periodo di Carnevale: si tratta di uno sformato di farina fioretto, lavorato con strutto ed arricchito di formaggi e salumi vari.

Polpette

Polpette napoletane

‘nnoja

'nnoja

Carnuluvaro mio chino re ‘nnoglie, oj maccaruni e rimani foglie.”. Facilmente tradotto: Carnuluvaro (personaggio di fantasia, uno straccione dedito ai vizi) pieno di noglie, oggi pasta e domani foglie. Ancor più tradotto: oggi si mangia grasso, domani ci saranno solo le foglie. Così si dice in quella parte di Campania chiamata Cilento.  Sì, ma che cos’è la ‘nnoja? La noglia era considerata la salsiccia dei poveri, ottenuta da parti di stomaco del maiale ed altri tagli meno nobili, aromatizzati per “stordirne” il sapore forte con finocchio selvatico, peperoncino e tavolta vino, poi insaccati in budello. Questa salsiccia è diffusa in Cilento così come in Irpinia, non soltanto a Carnevale: ad esempio, proprio in Irpinia, la noglia è usata per insaporire la minestra maritata di Natale. Essendo il Carnevale l’ultimo periodo utile per festeggiare l’uccisione del maiale prima della Quaresima, ne vediamo un grande consumo proprio in occasione di questa festività.

 

Scartellate

Cartellate

Ci troviamo qui a Baselice, comune del Sannio. L’alto Sannio è crocevia di diversi confini, tra i quali quello col vicino Molise e l’immediata Puglia: più che normale quindi che le tradizioni si fondano e sia pressoché impossibile stabilire dove sia l’origine di questa o quella cosa. Un esempio indicativo è quello delle scartellate, le “cartellate” pugliesi, che qui sono iconiche di Baselice. Si tratta nella fattispecie di striscioline di pasta dolce lievitata, successivamente cosparse di miele oppure zucchero.

Pastiere

Pastiera "capellini d'angelo" (con la pasta)

Al maschile a questo giro, troviamo IL pastiere, protagonista delle tavole in Irpinia e che può essere sia dolce, sia salato: a dimostrazione di quanto storicamente ci viene tramandato, cioè che la pasta veniva incondizionatamente condita sia con ingredienti dolci, che con ingredienti salati. Una cosa molto diversa dalla pastiera napoletana, fatta di ricotta, grano, semolino, canditi, fiori d’arancio e pettola di pastafrolla, anche se ci sono alcune cose in comune.

Il pastiere dolce è una specie di torta di spaghetti arricchita di zucchero, ricotta, uova, canditi ed eventualmente uva locale. La versione salata, invece, prevede che il pastiere sia condito con salsiccia fresca, formaggi vari e pepe. Viene preparato a Carnevale ma, passato il periodo di Quaresima, spesso viene riproposto anche per la Pasqua. Se una simile variante sul vi confonde, vi consigliamo un’approfondita lettura sul tema pastierE.

Vermicelli pertosani

Una ricetta davvero singolare quella dei vermicelli pertosani, tipici del comune di Pertosa (Salerno), famoso per le sue suggestive grotte carsiche; questa preparazione è così sentita che solitamente si tiene anche una sagra, la cui serata culmina proprio il Martedì Grasso. Andando più nel dettaglio, parliamo di pasta lunga tirata a mano, condita con tagli secondari del maiale come piede, orecchie, cotica a cui vanno aggiunti poi uova e formaggio (solitamente di pecora o similari). La presenza dell’uovo – qui ben cotto, tanto da formare una sorta di “frittatina” e altri ritagli di maiale potrebbe ricordare vagamente ben altra ricetta… lascio a voi le interpretazioni.

Scarpella di Castelvenere

Scarpella di Castelvenere

Parliamo qui di un particolare tipo di primo piatto, diffuso nel comune di Castelvenere, altra cittadina del Sannio. Questo piatto è tradizionalmente associato al Carnevale, ma viene anche abbinato al santo patrono locale, San Barbato, che cade il 19 febbraio. Potrebbe sembrare l’ennesima frittata di maccheroni, ma così non è: ci troviamo di fronte ad un esempio di lasagna bianca: il timballo viene unito a salumi, formaggio primo sale ed uova.

 

 

Zeppole dolci di Carnevale

Zeppole dolci di Carnevale

Come abbiamo già ampiamente detto nel nostro trattato sulla zeppola, la venerata tsippola può essere sia dolce che salata, proposta in diverse varianti, con crema o senza, cambiando di volta in volta foggia, nome e festività. In questo caso la zeppola è la graffa (dall’austroungarico krapfen, bomba fritta ripiena solitamente di crema), impastata insieme a patate e cannella, fritta in abbondante olio e cosparsa poi di granelli di zucchero. Sì, certo: obietterete che ormai la si trova tutto l’anno e che non è diffusa soltanto a Napoli… ma a Carnevale si frigge: volete forse perdervi un’occasione in più?

 

Hermès – truffa milionaria con finti show room

Un vero colpo da maestri. Eva Kant e Diabolik si congratulerebbero con la banda di truffatori che è stata appena arrestata dalle autorità parigine. The Times ha riportato la notizia che una gang di lestofanti ha assoldato per circa 4 anni alcune collaboratrici online e studenti delle scuole di recitazione per impersonare clienti altolocati e acquistare beni di lusso presso alcuni store europei di Hermès, con focus sulle famose borse dal valore di circa 8mila euro l’una.

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#WomanPower – il primo volo tutto in rosa dell’Air India

Il più lungo dei voli non-stop di Air India è decollato da San Francisco per atterrare a Bengaluru con a bordo un equipaggio di sole donne.
Ad attendere l’AI-176 all’aeroporto di Kempegowda una folla festante che ha applaudito per l’impresa: il comandante Zoya Aggarwal assieme a Papagiri Thanmai, Akansha Sonaware e Shivani Manhas sono arrivate al gate dopo 17 ore di volo e hanno alzato il pollice, come mostra una foto su Twitter con hashtag #womanpower, per festeggiare il record, prima di prendersi una meritata pausa.
 
Più di un record, in realtà, visto che oltre ad essere il primo volo commerciale e il più lungo in assoluto, pilotato da donne, è stata anche l’occasione per la compagnia di bandiera indiana di aggiungere un gol green. Il Boeing 777 ha infatti ha percorso 8.600 miglia sorvolando il Polo Nord per risparmiare 10 tonnellate di carburante. Una rotta eccezionale, che ha richiesto più di un anno di preparazione perché il comandante Zoya Aggarwal si abituasse a durata del viaggio, radiazioni solari e conoscenza delle piste di atterraggio.
 
via larepubblica.it

Iginio Massari VS Ernst Knam i due mostri sacri della pasticceria si scontrano sul temperaggio del cioccolato

Mai nella vita avremmo immaginato di dover decidere se schierarci con Iginio Massari o con Ernst Knam per capire chi ha in mano il vero segreto per temperare il cioccolato. Né mai avremmo pensato che i due titani si scontrassero l’uno contro l’altro.

E invece è in corso una vera e propria guerra fratricida tra pasticceri, senza nessuna esclusione di colpi, e d’altronde l’argomento è di importanza vitale: ma come si tempera il cioccolato per realizzare una perfetta sfera tale da incavarci un dessert?

C’è chi non ci dorme la notte, chi la mattina si sveglia con decine di messaggi a riguardo (come Debora Massari, figlia del Maestro) e chi diligentemente prende appunti nell’eventualità che domani sia il caso di prepararsi l’uovo di Pasqua da soli, ché non si sa mai che torniamo in lockdown e rimaniamo senza lievito per la pizza.

Il caso: Iginio Massari a Masterchef

MasterChef Italia, Barbieri e Massari

Il pomo (di cioccolato) della discordia è l’ultima apparizione di Iginio Massari a Masterchef. Di fronte a una classe con gli occhi a palla in un misto di disperazione e preoccupazione, il Maestro ha mostrato come realizzare un perfetto dessert d’alta cucina. Ha temperato il cioccolato, lo ha messo nello stampo, e ha pure dato sfoggio dei superpoteri del suo mignolo che ha la sensibilità di un termometro da precisione.

Come da copione, la prova di pasticceria con protagonista Iginio Massari è stata una strage per gli aspiranti chef di Masterchef, che non sono riusciti neanche a tirar fuori dallo stampo mezza sfera, fatta eccezione per quel volpone di Maxwell che ha nove vite come i gatti.

Colpa della pasticceria, branca complessa e insidiosa della cucina, pensiamo noi da casa.

Colpa di un maestro poco competente, pensa qualcun altro.

La risposta di Ernst Knam

 

Perché dopo la prova di Masterchef viene fuori che l’altro maestro super pop della pasticceria italiana, Ernst Knam, in proposito, avrebbe pure qualcosa da dire. Ma come? Lui è il “re del cioccolato” e voi fate fare le sfere di cioccolato a Iginio Massari? Che affronto.

Eh no, cari autori di Masterchef, col cioccolato non si scherza mica – pensa Knam. E, in un impeto di rabbia per aver sentito tante inesattezze, decide di vendicare tutti gli aspiranti Masterchef d’Italia, e far sapere a tutti che Iginio Massari sul temperaggio del cioccolato ha preso una cantonata dietro l’altra. Almeno, questa è la sensazione che si ha guardando il suo video, postato su Instagram all’indomani della messa in onda dell’ultimo episodio del cooking show, in cui Ernst spiega “come si tempera VERAMENTE il cioccolato”, per esempio, chessò, “per fare una piccola sfera per nascondere un tiramisù e poi versare una cioccolata calda così si scioglie”.

Ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale, pare di leggere in sovraimpressione, mentre le istruzioni date da Massari ai concorrenti di Masterchef vengono smentite una ad una dal pasticcere italo-tedesco.

Chapeau, caro Knam, ci va una bella dose di sicurezza (e di eleganza) per far le pulci pubblicamente a un illustre collega.

Perché la verità è che, ascoltando Knam, pare che Massari abbia sbagliato tutto, ma proprio tutto, nello spiegare la ricetta alla Masterclass.

Che poi per carità, ognuno fa la carbonara come vuole, col guanciale o con la pancetta, ma noi eravamo rimasti che la pasticceria era una scienza esatta più che un’arte creativa, e alla fine se fai la carbonara con la pancetta forse forse qualche problema lo abbiamo.

Quindi ora resta da capire: chi ha ragione dei due? Chi ha dato i suggerimenti giusti e chi ha tentato di depistare il pubblico a casa non svelando i segreti del suo cioccolato?

Massari VS Knam: le differenze

I gradi: 27 sono i gradi a cui deve stare il cioccolato quando lo lavoriamo inizialmente, dice Massari. E Knam, neanche lo avesse sentito, in diretta, dice che no, assolutamente non deve essere a 27, ma a 22 gradi.

Mestolo o pennello?: per far aderire bene il cioccolato allo stampo, Massari a Masterchef usa un mestolo. NO! Dice Knam, che sostiene che in questo modo non abbiamo modo di misurare lo spessore finale della sfera. Per questo lui usa il pennello.

Abbattitore o frigo?: una volta messo il cioccolato nello stampo, basta infilarli cinque minuti in abbattitore, spiega Massari alla Masterclass. La versione di Knam è in frigorifero tra i 12 e i 16 gradi. “Non va messo assolutamente in abbattitore”, perché c’è troppo sbalzo di temperatura e il cioccolato potrebbe prendere umidità.

La scienza del temperaggio

A risolvere la questione arriva Debora Massari, figlia d’arte e pasticciera anche lei, che posta un video di dieci minuti (dieci!) spiegando come si tempera il cioccolato. Ed è evidente che non ce n’eravamo accorti, ma il tema è diventato trending topic più della conferenza di Matteo Renzi in Arabia Saudita.

Insomma, Debora Massari decide di risolvere il problema come farebbe nostro padre quando ci racconta un fatto accaduto durante la sua giornata, e cioè partendo da Noè. Così, carta e penna alla mano, ci spiega la teoria del cioccolato, le molecole, la scomposizione eccetera eccetera. E mette fine alla questione. O almeno così crede, visto che poi qualcuno dei suoi follower, che non deve aver notato la strana coincidenza di un video sul temperaggio dopo un video del temperaggio dopo una prova a Masterchef sul temperaggio, le chiede ingenuamente: “ma sa che ho visto un video di Knam…?”.

 

 

Università degli Studi di Roma Tor Vergata – in nuovi corsi del CeSIntES

PROGRAMMAZIONE 2021 CESINTES

MASTER DI II LIVELLO IN “INTELLIGENCE ECONOMICA”

CORSO DI FORMAZIONE IN “ECONOMIC & SECURITY INTELLIGENCE ANALYST” 

PERCORSO SPECIALISTICO “PILLOLE DI SECURITY” – SECURITY PRIVACY & DATA PROTECTION

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Nutella nel mondo – tutte le creme spalmabili diventate oggetto di “culto” nazionale

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Peanuts – sempre più brand inseriscono Snoopy nelle proprie collezioni

I Peanuts invadono il fashion world senza fare distinzione né di target né di posizionamento. Snoopy, Linus e Charlie Brown sono sempre stati presenti all’interno di alcune collezioni moda, ma, negli ultimi mesi, sono diventati prtoganisti di innumerevoli capsule pensate per target anagrafici, economici e stilistici molto diversi.

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Dopo Grease, la Divina Commedia e l’Odissea anche i classici Disney sono accusati di razzismo

Dante è anistemita ed islamofobo, Grease è sessista e misogino, non parliamo dell’Odissea, un “poema razzista e non al passo con i tempi”. Dopo biscotti, cereali e cioccolatini razzisti adesso anche le opere, di più svariato genere, sono considerate da rivalutare nei programmi scolastici e nelle piattaforme televisive.

Ultimi arrivati nella lista nera sono i classici della Disney, sotto accusa Dumbo, Peter Pan e gli Aristogatti.

Riporto l’articolo di Giulia Belardelli, giornalista dell’HuffPost.

Liberi come il jazz. Contro la “cancel culture” applicata agli Aristogatti

Per fortuna, consapevolezza e leggerezza possono ancora andare insieme, così come storia e poesia. In difesa di Peter Pan, Dumbo e i classici Disney accusati di razzismo.

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Delivery e take away – tra il successo della pizza ed il rider con il maggior numero di consegne

 

Non stupisce se dalle ricerche Google, la pizza, risulta la più cercata e richiesta fra tutti i cibi d’asporto, essendo uno dei cibi di maggior successo.

A rendere l’idea dell’enorme successo della pizza, soprattutto in questo momento con il boom di asporto e consegne, è una particolare mappa del mondo realizzata dalla società inglese di assicurazioni MoneyBeach.

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Inizia l’era Biden-Harris – riflettori puntati sulla moda e Friedman

L’insediamento di Biden non è passato inosservato sotto tutti gli aspetti. Dagli scontri al Campidoglio alla situazione problematica che c’è in America, dalla pandemia alla moda per finire sulla polemica scatenata dagli appellativi, non proprio carini, con cui Friedman si è rivolto a Melania Trump.

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Fashion Film Festival – trionfa Garrone con Le Mythe Dior

Anche quest’anno al Fashion Film Festival è stata presentata una ricca selezione di film, con quasi 200 opere pervenute da 60 Paesi in tutto il mondo. Linguaggi diversi ed eterogenei per narrazioni che hanno spaziato dal documentario alla fiction, dalla denuncia sociale alla sperimentazione artistica. Su tutti ha trionfato Le Mythe Dior di Matteo Garrone.

La centralità del racconto è l’importanza della femminilità e della natura che, come spiega Maria Grazia Chiuri a Vogue, sono la vera anima di questa collezione iniziata durante il lockdown “già sapevamo di non poter fare un reale show e mi è stato immediatamente chiaro che il mio referente doveva essere legato al sogno, al fantastico, e quindi uno dei miei film, e dei miei registi preferiti, in questo senso è Matteo Garrone con Il racconto dei racconti, il cui immaginario così sognante, si lega perfettamente alla storia di Dior.

Il corto inizia soffermandosi sull’operosità delle sarte intente a realizzare capi in miniatura destinati a clienti speciali. Protagoniste, infatti, sono le creature dei boschi, ninfe, elfi e fauni; ad un certo punto la loro quotidianità viene interrotta dall’arrivo di un baule che riproduce le sembianze della storica sede parigina. Con curiosità tutta le creature si avvicinano al baule ammirandone gli abiti e prendendoli per sé.

Un cortometraggio che trasforma la moda in sogno, magia e favola, una narrazione bucolica e che racchiude visioni oniriche ed una sperimentazione surrealista che Garrone sa esprimere in modo eccelso.

A causa dell’emergenza sanitaria è impellente la necessità di trovare nuove vie per rappresentare la moda, e questo che fino a poco fa sembrava un limite insormontabile con il blocco delle sfilate e dei servizi fotografici, si rivela, oggi, un’opportunità da cogliere per abbandonare vecchi schemi stereotipati e ridisegnare il panorama globale del mondo della moda. Così afferma anche Constanza Etro, direttrice ed ideatrice del festival Le difficoltà del periodo che stiamo vivendo ci hanno portato a dover organizzare l’edizione 2021 di Fashion Film Festival Milano con un format interamente digitale, per quanto sembri singolare, è stata per noi un’irripetibile occasione di rimetterci in gioco e di sperimentarci con la resilienza. Il risultato? Abbiamo reso democratico un Festival di grande prestigio ma che, come la moda, che è il territorio culturale di riferimento, talvolta è rimasto vittima di un certo elitarismo”.

 
 
 
 

Red Valentino, Cucinelli e Chanel tra presentazioni digitali e sfilate

 

Per questa collezione volevo veramente trasmettere un nuovo senso di sensualità. L’attitudine generale è meno innocente e delicata, più consapevole e sicura di sé. Invece di lavorare su uno storytelling, ci siamo focalizzati sulla creazione di capi audaci, dallo stile distintivo e con un evidente senso di personalizzazione. Questa idea di unicità e forte personalità penso che sia stata meravigliosamente interpretata negli scatti di Margherita Tamraz, che ha colto l’essenza della collezione con immediatezza e autenticità“.

Così il direttore creativo di Red Valentino (e di Valentino) Pierpaolo Piccioli, presenta la nuova collezione prefall 2021.  Un nuovo nuovo romanticismo che oscilla tra lo stile classico e lo street style, tutto presentato in un video girato in un palazzo rinascimentale dove archi e colonnati facevano da sfondo alle modelle con indosso i preziosi abiti.  

Anche Cucinelli ha scelto di presentare la sua nuova collezione in digitale tramite video sui suoi canali social, mentre Chanel ha annunciato che la prossima sfilata della collezione Cruise 2021/22 si terrà il 4 maggio, alle Carrières de Lumières a Les Baux-de-Provence, nel sud della Francia.

Le cave di calcare che si trovano in questo villaggio hanno fatto da sfondo al film del 1960 Testamento di Orfeo, diretto da Jean Cocteau, amico di Gabrielle Chanel, e negli ultimi anni questo sito è ha iniziato ad ospitare spettacoli multimediali di luci e suoni.

La collezione Cruise è sempre stata legata alla storia della maison, riproponendo i luoghi ed i simboli delle sue collezioni passate e delle sue vicende di vita privata, come palcoscenico per le sfilate. Anche in questa occasione abbiamo un rimando alla storia, quando Gabrielle Chanel propose alle sue clienti abiti leggeri, perfetti per le vacanze al sole in costa Azzurra, incoraggiandole anche ad abbronzarsi

Accademia costume & moda – Lupo Lanzara è il nuovo presidente

 

Dopo la scomparsa di Fiamma Lanzara lo scorso novembre, l’Accademia Costume & Moda ha un nuovo presidente. A subentrarle nel ruolo è il figlio, Lupo Lanzara, nominato all’unanimità dal CdA dell’Accademia stessa.

Una decisione nel segno della continuità come sottolineano nella nota del comunicato stampa “La nomina di Lupo Lanzara appare come la scelta più consona, in grado di assicurare una profonda stabilità e garantire una continuità alla strada innovativa e vincente, già intrapresa da quando, nel 2010, è entrato in Accademia, prima in qualità di Direttore Generale e successivamente come Vice Presidente. Una visione e un approccio manageriale e culturale che condivide e porta avanti insieme a suo fratello, Furio Francini, Amministratore Delegato di ACM”.
 
L’Accademia infatti è stata fondata nel 1964 da Rosana Pistolese, madre di Fiamma Lanzara e nonna di Lupo. Una tradizione familiare che negli anni si è affermata come una delle eccellenze nel campo della formazione a livello internazionale, inaugurando lo scorso anno anche un nuovo polo formativo a Milano.

Sento questo incarico essere un privilegio e un onore e sono grato della fiducia accordatami”, ha commentato Lupo Lanzara. “(…) Il mio impegno rimarrà come sempre lo studente, la sua centralità e i nostri docenti e i partner industriali, senza i quali non potrei garantire un’esperienza formativa ed educativa che possa affrontare le nuove sfide imposte dalla contemporaneità, nel rispetto dell’heritage culturale lasciatoci e della chiara identità dell’Accademia ”.

fonte fashionnetwork.com

Uffizi da mangiare – il nuovo format della Galleria d’arte di Firenze

Arte sul piatto e cucina da incorniciare – i capolavori della storia dell’arte diventano piatti da gustare.

Arte e cibo rappresentano un connubio perfetto e per questo la Galleria degli Uffizi si mette in gioco con un nuovo format video.

Uffizi da mangiare, ogni settimana su Facebook a partire dal 17 gennaio, vedrà come protagonisti non solo le opere d’arte ma anche chef e personaggi del mondo enogastronomico che daranno vita ad un vero e proprio spettacolo artistico. Saranno infatti realizzati piatti particolari che interpreteranno le famose opere e i dipinti delle collezioni degli Uffizi.

Il nostro intento è quello di creare un legame ancora più stretto con le opere del museo, inserendole in un contesto attuale e vitale – spiega il direttore degli Uffizi, Eike Schmidt– “Il cibo dipinto e quello cucinato si incontrano così su un piano di verità che stimola l’attenzione dell’osservatore e porta alla ribalta i significati profondi e inaspettati nascosti nelle scene e nelle nature morte create dai pittori“.

In ogni puntata ci sarà un noto cuoco che sceglierà un’opera dalle collezioni e, ispirandosi agli ingredienti raffigurati nel dipinto, proporrà una sua ricetta, sviluppandola durante il video.

Tra gli artisti protagonisti ci saranno Fabio Picchi del Cibrèo di Firenze che si confronterà con il Ragazzo con pescedi Giacomo Ceruti; Dario Cecchini, macellaio e ristoratore di Panzano in Chianti, che “servirà” la sua versione della Dispensa con botte, selvaggina, carni e vasellame di Jacopo Chimenti detto L’Empoli; la chef stellata Valeria Piccini, del ristorante Da Caino a Montemerano (Grosseto) che proporrà una sua ricetta da una ‘Natura morta’ sempre dell’Empoli, e il suo collega, sempre stellato, Marco Stabile, de L’ora d’Aria a Firenze, che “sfiderà” i ‘Peperoni e uva’ di Giorgio De Chirico.

Tra le altre opere, fonte di ispirazioni culinarie, non mancherannoCaravaggio, Felice Casorati e Giovanna Garzoni.

 

 

 

Love Actually – l’amore è davvero dappertutto

 

I feel it in my fingers
I feel it in my toes
CHRISTMAS is all around me…

Chi ha colto la citazione, già ridacchia, ci scommetto. Per chi non ha ancora afferrato, vado subito al sodo. Ognuno ha i suoi must natalizi: per la sottoscritta, se c’è un film che andrebbe rivisto ogni anno in occasione delle Feste, quello è Love Actually.

Ricordo ancora quando uscì nelle sale, nel lontano 2003. Alla fine dei 135 minuti mi faceva male la faccia per aver troppo riso. Il che è tutto dire, visto che Love Actually appartiene a un genere di rarissima riuscita – oltre che di ancor più rara produzione -, ossia quello dei film corali: e i film corali, si sa, spesso non riescono a sostenere il ritmo fino alla fine – vedi ad esempio Cloud Atlas delle sorelle Wachowski. Bé, non Love Actually.

I pregi della commedia, scritta e diretta da Richard Curtis – sceneggiatore di Quattro matrimoni e un funerale, I love Radio Rock e dei primi due film di Bridget Jones – sono moltissimi: primo fra tutti quello di fondere il meglio del piccante e graffiante sense of humor britannico con l’ironia trash demenziale statunitense. Eppure, non è solo questo che innamora: il film costruisce un modello nuovo di romanticismo agrodolce per niente scontato, in cui episodi ai limiti dell’incredibile si incrociano con storie di vita quotidiana, vicine a quelle degli spettatori, per colpire dritto cuore – e al fegato, la cistifellea e a tutti gli organi interni. Risultato? A ogni visione, oltre che a ridere a crepapelle, ti ritrovi a piangere a getto come un rubinetto aperto, e sempre per un particolare diverso.
Se ancora non lo avete mai visto, proverò a incuriosirvi fornendovi degli ottimi motivi per rifarvi durante queste vacanze.

Innanzitutto, per il personaggio di Billy Mack, l’adorabile e depravata leggenda del rock interpretata magistralmente da Bill Nighy – la performance infatti gli è valsa molte nomination. È lui che incide l’orrenda cover natalizia citata nell’incipit dell’articolo: praticamente Love is all around di The Troggs para para, ma con la parola “Christmas” al posto di “love”. Mack è un mito caduto in disgrazia, e inizialmente sembra solo un vecchio debosciato che non sa comportarsi in modo civile. Fin da subito infatti dichiara apertamente il suo disprezzo per l’operazione commerciale a cui si sta prestando: quella non è vera musica, è spazzatura fatta per fare soldi. Chiamato a promuovere il singolo, lo ripete a tutti, giornalisti, speaker radiofonici, conduttori televisivi…e ogni volta che apre bocca tu, imbarazzato per la sua onestà dissacrante e senza freni, ti ritrovi con le mani nei capelli come il suo manager storico, Joe. Eppure c’è del metodo nella sua follia. Infatti, alla notizia che la sua orribile cover sta scalando le classifiche, Mack sfida pubblicamente i Blue, la boy band inglese, per il raggiungimento del primo posto; mano mano il rocker si rivela in tutta la sua furbizia ed esperienza: lui è un vecchio volpone, e anche se non è più di moda sa ancora come piacere al suo pubblico, come una specie di uno sciamano della goliardia. È così spinto, spontaneo, politicamente scorretto da conquistare tutti gli spettatori – quelli fittizzi come noi, quelli reali.La sua linea narrativa controbilancia i momenti sdolcinati con gag triviali molto catartiche, e senza di lui – non c’è dubbio – il film non funzionerebbe.

Poi, per il cast stellare: perché, tra interpreti principali e cammei, Love Actually è pieno zeppo di star. Gli immancabili Hugh Grant e Colin Firth – non so voi, ma per me ormai sono come due zii acquisiti, se non li vedo una volta l’anno mi mancano; e comunque, Brexit o no, se domani, come nel film, facessero Primo Ministro Grant io mi trasferirei a Londra seduta stante e lo stesso Tony Blair, cui il personaggio è vagamente ispirato, ha voluto citare il discorso alla nazione che Grant fa a un certo punto. Poi Emma Thompson e il caro, geniale Alan Rickman – per chi non ne riconosca i nomi, hanno interpretato rispettivamente Sibilla Cooman e Severus Piton nella saga cinematografica di Harry Potterdue giganti della recitazione in due ruoli insoliti per le loro carriere. E ancora, Rowan Atkinson, ovvero Mr Bean; e Liam Neeson, Keira Nightley, Laura Linney, Claudia Schiffer, l’enfant prodige Thomas Brodue-Sangster, Martin Freeman, Christopher Marshall, Billy Bob Thornton… Praticamente passi la metà del film a esclamare eccitato: “Oh mamma c’è pure lui… Hai visto chi è?  Lo hai riconosciuto? Ma questo è Coso, dai, quello bravissimo che ha fatto quel film…”.

Poi, per le musiche: tra rifacimenti, hit del momento e brani originali, la colonna sonora di Craig Armstrong è la playlist perfetta per le vostre vacanze di Natale. Romantica, nostalgica, ma fresca al punto giusto – a mio parere, i 15 anni trascorsi non si sentono affatto. Inoltre, i testi delle canzoni non sono mai casuali: quella di Armstrong è una vera e propria operazione di sceneggiatura musicale, in cui la canzone arriva a dar voce ai pensieri del personaggio o a evidenziare l’atmosfera di una scena.

Quindi, per le storie d’amore, che in realtà sono il vero tesoro della pellicola. Love Actually si compone di 12 minitrame – all’inizio erano addirittura 14, ma due sono state tagliate in corso d’opera – che trattano non solo il sentimento romantico, ma anche familiare e amicale. Sono davvero tante e tutte diverse, ognuna dolce e amara insieme. Le più tragiche e strappacuore infatti, come quella di Liam Neeson che ha perso la moglie, o quella di Emma Thompson che scopre di essere stata tradita, hanno risvolti brillanti; viceversa, le più divertenti e leggere, come quella Chris Marshall che va negli USA convinto di poter finalmente rimorchiare, o quella di Martin Freeman che, in un set cinematografico, si innamora di una donna con la quale fa da controfigura per le scene di sesso delle star, rivelano un punto di vista più profondo. Non ci sono protagonisti, ma è la giustapposizione degli episodi, tutte legati gli uni agli altri in un’unico grande intreccio complessivo, a generare senso. Ciò che ho scritto prima in realtà non vale solo per il mitico Billy Mack: nessuna storia funzionerebbe senza le altre, e soprattutto non emergerebbe l’atmosfera di comunione collettiva del film, fondamentale per instillare lo spirito natalizio. Love Actually è un film “di squadra”, in cui il vero traino sono le relazioni umane.

Infine, per il messaggio contenuto nella cornice narrativa e nel titolo. Il film infatti ha un prologo e un epilogo particolari, in cui una voce fuori campo commenta un montaggio di riprese vere, “rubate” cioè da una telecamera nascosta in aeroporto, capaci di sciogliere il più duro dei cuori. Il film inizia infatti con queste parole:  

Ogni volta che sono depresso per come vanno le cose al mondo, penso all’area degli arrivi dell’aeroporto di Heathrow. È opinione generale che ormai viviamo in un mondo fatto di odio e avidità, ma io non sono d’accordo. Per me l’amore è dappertutto. Spesso non è particolarmente nobile o degno di nota, ma comunque c’è: padri e figli, madri e figlie, mariti e mogli, fidanzati, fidanzate, amici. Quando sono state colpite le Torri Gemelle, per quanto ne so nessuna delle persone che stavano per morire ha telefonato per parlare di odio o vendetta, erano tutti messaggi d’amore. Io ho la strana sensazione che – se lo cerchi – l’amore davvero è dappertutto.

Love Actually Is Everywhere, L’Amore Davvero è Dappertutto: anche nei rapporti più indefinibili, anche nelle storie concluse con amarezza. Questo messaggio era nel 2003 ed è oggi un faro da seguire. Dobbiamo allenarci a vedere l’Amore anche nei momenti più duri, nei luoghi più ostili. Perché, come dice la hit, l’amore è intorno a noi, anzi: siamo noi ad averlo negli occhi mentre lo cerchiamo. E uno sguardo amorevole è capace di miracoli impensabili.

 

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